Scontri tra manifestanti e forze dell’ordine (Ansa)

Israele è in sciopero. Aumentano le proteste contro la riforma della Giustizia voluta dal governo Netanyahu. Un provvedimento che indebolirebbe l’indipendenza della Corte suprema, sottoponendola al controllo del potere esecutivo. A Gerusalemme cresce la tensione, mentre gli altri Paesi osservano preoccupati.

Scioperi – Il segretario del sindacato israeliano Histadrut, Arnon Bar-David, ha chiesto lo stop alla riforma giudiziaria e preannunciato uno sciopero generale in tutto il Paese. «Sono momenti storici, i lavoratori e gli imprenditori sono spalla a spalla per salvare Israele», ha dichiarato Bar-David, «dobbiamo fermare la rivoluzione giudiziaria e la follia». Allo sciopero hanno aderito anche il porto commerciale di Ashdod, numerosi ospedali e centri commerciali. Nelle università sono state bloccate le lezioni perché «non ci può essere vita accademica dove non c’è più democrazia». Inoltre, potrebbe esserci la chiusura delle filiali delle banche e il leader del sindacato dei dipendenti degli aeroporti, Pinchas Idan, ha comunicato che sono stati bloccati i decolli dall’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.

Protesta di massa – Il 27 marzo alle 13 si terrà una manifestazione di massa davanti la Knesset, parlamento monocamerale situato a Gerusalemme. I leader della protesta hanno ribadito che non accetteranno compromessi e chiesto il reintegro di Yoav Gallant, ministro della Giustizia licenziato da Netanyahu dopo essersi opposto alla riforma.

Stop alla riforma – Il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha preso posizione sulla discussa riforma della Giustizia, chiedendo a Netanyahu di interrompere immediatamente il processo legislativo. In una nota riportata dai media locali, Herzog ha spiegato che la riforma indebolirebbe il sistema giudiziario e che in questi giorni ha assistito a scene molto difficili.

L’avvertimento – Secondo la stampa locale il leader di “Potenza Ebraica” e ministro per la Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir, avrebbe minacciato Netanyahu di far cadere il Governo se venisse bloccata la riforma giudiziaria. Senza il partito di estrema destra non ci sarebbe più la maggioranza alla Knesset. Gvir ha dichiarato che lo stop alla riforma sarebbe «una resa di fronte alle violenze nelle strade».

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu

Preoccupazione Usa – Il portavoce del Consiglio di Sicurezza nazionale americano, John Kirby, non ha nascosto la propria agitazione: «Siamo profondamente preoccupati per gli sviluppi in corso in Israele, compreso il potenziale impatto sulla capacità di reazione militare sollevato da Gallant, che sottolinea ulteriormente l’urgente necessità di un compromesso. Come il presidente Biden ha recentemente discusso con Netanyahu, i valori democratici sono sempre stati e devono rimanere un segno distintivo delle relazioni Usa-Israele». Intanto il console israeliano a New York si è dimesso per protesta.

Reazione della Francia ebraica – Sulla questione è intervenuto anche il Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia, che ha chiesto la sospensione della riforma per «ripristinare al più presto la calma e il dialogo con tutta la società israeliana. Questa richiesta giunge all’unisono con quella di personalità di destra come di sinistra, in Israele come nella diaspora».