Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul dal 2019

Insulto a pubblici ufficiali. È questa la ragione della condanna a due anni, sette mesi e quindici giorni di reclusione che il 14 dicembre ha colpito Ekrem Imamoglu, sindaco di Istanbul e potenziale sfidante di Recep Tayyip Erdogan alle elezioni presidenziali del prossimo giugno. L’episodio incriminato risale al 2019: Imamoglu aveva vinto le elezioni amministrative, ma la Commissione elettorale suprema della Turchia ne aveva invalidato il successo per irregolarità nel voto. Tre mesi dopo, alla nuova consultazione, la popolazione della megalopoli turca aveva riconfermato il consenso a Imamoglu, che, esultando, aveva definito «idioti» coloro che avevano annullato il voto.

Anti Erdogan – Migliaia di persone si sono radunate davanti alla sede del comune di Istanbul per protestare e per esprimere solidarietà e sostegno al sindaco al grido di «Diritti, legge, libertà». «Per la giustizia», ha commentato Imamoglu, «in Turchia non è rimasto spazio. Ma faremo sì che chi ha cercato di fermarci se ne penta alle urne». Il riferimento è alle elezioni presidenziali in programma il 18 giugno 2023. Sebbene l’Alleanza per la Nazione, la principale coalizione di opposizione, non abbia ancora sciolto la riserva sul proprio candidato comune, Imamoglu è dato come favorito per la vittoria finale dai sondaggi di MetroPoll, un istituto di rilevazione indipendente. Dopo essere diventato il primo sindaco di Istanbul in oltre vent’anni a non appartenere all’Akp, il partito di Erdogan, Imamoglu potrebbe, quindi, scalzare anche lo stesso presidente. Nonostante la condanna, che prevede l’interdizione dai pubblici uffici, Imamoglu potrebbe comunque sfidare Erdogan: Me Kemal Polat, il suo avvocato, ha dichiarato che nei prossimi giorni sarà presentato il ricorso. Ciò sospenderà la condanna fino alla sentenza della Corte d’appello che potrebbe arrivare anche tra un anno, ben dopo le elezioni.

Effetto boomerang – Secondo i critici del regime di Erdogan, la condanna di Imamoglu è una mossa politica per eliminare un avversario pericoloso. Il rischio, però, è quello di un effetto boomerang che porti ulteriori simpatie all’opposizione. Una dinamica già vista in Turchia: dopo il golpe militare del 1997 il partito di Erdogan, allora sindaco di Istanbul, venne sciolto e lui fu condannato a dieci mesi di carcere. L’arresto, però, divenne un trampolino di lancio per la sua carriera politica, che nel 2003 lo vide diventare Primo ministro e nel 2014 presidente della Repubblica. Ironicamente Imamoglu per commentare la condanna ha ripetuto le stesse parole pronunciate da Erdogan prima di essere arrestato: «La magistratura non è indipendente. I nostri avversari non si fermeranno e continueranno a colpire in questo modo».