L’affettività in carcere in Italia è ancora un tabù, ma la Corte Costituzionale ha aperto a un possibile cambiamento. Con una sentenza ha chiesto al Parlamento di intervenire per permettere anche ai detenuti momenti di intimità con i propri compagni o familiari. Una decisione che potrebbe aiutare l’Italia a muoversi verso maggiori diritti anche per chi è recluso, come accade in diversi Paesi d’Europa. «È un diritto importante: bisogna trovare degli spazi adatti», ha spiegato a La Sestina Susanna Marietti, coordinatrice nazionale di Antigone (associazione che si occupa di diritti e garanzie per il sistema penale).

La legge – La norma attuale risale al 1975 e prevede all’art.18 che il detenuto possa ricevere il coniuge, i parenti o terzi autorizzati, sempre sotto stretta sorveglianza. Per le guardie carcerarie vige il divieto uditivo, cioè non possono ascoltare i discorsi, ma è ancora presente l’obbligo di visione che rende di fatto senza privacy l’incontro. A provare a cambiare la situazione era stato un disegno di legge del 2020, proposto dal Consiglio Regionale della Toscana, che non è mai stato approvato. Con la sentenza 10/2024 del 26 gennaio la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 18 della legge 354/1975, nella parte in cui non prevede che la persona detenuta possa essere ammessa a svolgere i colloqui con il coniuge, parenti o terzi autorizzati senza il controllo a vista del personale di custodia. Incontri, controllati, che comunque sono possibili non per tutti i detenuti ma solo per coloro per i quali non vengano rilevati problemi per la sicurezza. Dopo la decisione della Consulta, ha spiegato Susanna Marietti «è auspicabile che il Parlamento si muova in tal senso, ma i tempi sono quelli che conosciamo. La legge, come ha detto la Corte, è incostituzionale. Quindi sarebbe sufficiente che la Magistratura si coordinasse con gli istituti per disapplicarla già in maniera amministrativa. Non si può continuare ad applicare una norma così».

La sentenza- La pronuncia della Corte Costituzionale è arrivata dopo che il Magistrato di Sorveglianza di Spoleto aveva sollevato, il 12 gennaio 2023, una questione di legittimità costituzionale proprio dell’art. 18. La richiesta di chiarimento da parte della Magistratura era arrivata a seguito di un reclamo di un detenuto del carcere di Terni aveva presentato. La struttura, infatti, gli aveva vietato di avere colloqui intimi con la compagna e la figlia piccola.

Fattibilità della sentenza-  Anche se la sentenza, come spiega Marietti di Antigone, potrebbe essere già applicabile, resta da capire se le strutture delle carceri italiane lo permettono. Il 2023 è stato un anno record per il sovraffollamento, ma sempre secondo Marietti: «È sufficiente una cella, nulla di più. L’ho visto fare in un carcere in Polonia e non mi sembra nulla di così complesso. Uno spazio, per una questione importante, lo si trova». Guardando ai Paesi dell’area europea in cui il diritto all’affettività in carcere è garantito, l’Italia rimane infatti uno dei pochi a non applicarlo. Albania, Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Francia, Finlandia, Germania, Norvegia, Olanda, Spagna, Svezia e Svizzera hanno una legge che lo prevede espressamente.