NOTTE AL CARDIOPALMA

La notte che ha rovesciato tutte le previsioni è cominciata a mezzanotte, ora italiana: lo spoglio dei voti è partito da Indiana e Kentucky, i primi due stati ad essere scrutinati. Un’ora dopo le urne hanno chiuso anche in South Carolina, Vermont, Georgia e Virginia. Ma è stato il New Hampshire, uno dei dieci swing states in bilico, a spianare la strada: dalle primissime schede scrutinate Trump è dato al 52.5%, Hillary al 41%. Da subito anche la Florida, che vale 29 grandi elettori, è data al candidato repubblicano:  è lui a rimanere in testa nel sunshine state per tutta la durata dello spoglio. Una temporanea rimonta di Hillary Clinton fa dire allo staff di Donald che serve “un miracolo” per vincere. L’ex segretario di Stato si prende gli stati dell’East Coast, ma la valanga Trump comincia a delinearsi all’orizzonte: a lui, in blocco, il sud-est. Nel frattempo anche i mercati si accorgono dell’avanzata dell’imprenditore: intorno alle 3 e un quarto italiane la Borsa di Tokyo registra una flessione di 1.5 punti percentuali, per poi crollare del 4%. In picchiata anche il peso messicano: giù del 10%, mai così male negli ultimi vent’anni. Clinton si prende la Virginia (in palio 13 voti elettorali), ma ormai il New York Times dà a The Donald tre chance su quattro di diventare il prossimo presidente Usa. Nel frattempo altri quattro swing states si colorano di rosso: Ohio, North Carolina, Florida e Arizona. Con la vittoria anche in Pennsylvania e Michigan, i giochi sono fatti: lo scarto con Clinton è di è Donald Trump il 45esimo presidente degli Stati Uniti. Alla fine tra i due candidati c’è una differenza che non supera il milione di voti. Il tycoon arriva a circa il 47,8 per cento, la Clinton al 47,4.

In rosso gli stati conquistati da Trump, in blu quelli di Clinton. Sotto ogni Stato è segnato il numero dei grandi elettori che hanno sancito la vittoria del tycoon

In rosso gli stati conquistati da Trump, in blu quelli di Clinton. Sotto ogni Stato è segnato il numero dei grandi elettori che hanno sancito la vittoria del tycoon

 

LA SCONFITTA CLINTON NON SALE SUL PALCO

Alla fine Hillary Clinton ha alzato il telefono per ammettere la sua sconfitta, ma l’onere di congedare gli attivisti democratici radunati al Javits Center di New York è toccato a John Podesta, presidente della campagna elettorale di Clinton, perché l’ex first lady non si è presentata sul palco. «È stata una lunga notte, è stata una lunga campagna e stiamo ancora contando i voti. Andate a casa, riposate un po’, avremo di più da dire domani» aveva detto. Ma è già domani, visto che la Clinton non ha nemmeno rilasciato dichiarazioni.

FARE L’AMERICA DI NUOVO GRANDE 

«Questa è una notte storica. Il popolo americano si è espresso, ha eletto il suo nuovo campione». Viene presentato così il 45esimo presidente degli Stati Uniti Donald Trump alla folla di sostenitori esultanti radunati all’Hilton Hotel. A parlare è Mike Pence, che subito dopo ringrazia il Signore, la famiglia e il popolo americano per concedergli l’onore di servire il proprio Paese da vicepresidente. Poi è la volta del nuovo inquilino della Casa Bianca. «Grazie a tutti. Ho appena ricevuto una telefonata dal Segretario di Stato» esordisce Trump. Quindi ringrazia la Clinton per il servizio svolto in questi ultimi anni e per esser stata un avversario tenace. Rimarca la vittoria, ma smorza i toni nei confronti degli avversari. «È tempo di cicatrizzare le ferite. Insieme cominceremo il compito urgente di ricostruire la nostra nazione e rinnovare il sogno americano. Nessuno resterà indietro», continua il vincitore. «Nell’interesse dell’America prima di tutto, cercheremo accordi con tutti. Cercheremo terreni d’intesa, non di ostilità». E poi ancora ringraziamenti alla famiglia, ai genitori defunti che han vegliato su di lui e al popolo americano. «La politica può essere veramente cattiva, grazie per avermi sostenuto».

 

TRIONFO ANCHE ALLA CAMERA E AL SENATO 

Non sono lo Studio ovale. Il partito repubblicano ha conquistato anche la Camera e il Senato. L’8 novembre, infatti, non è stato solo il giorno delle presidenziali: gli americani hanno eletto anche il proprio deputato locale e, in alcuni stati, i nuovi senatori e governatori. Schiacciante la prevalenza dei repubblicani alla Camera, dove già avevano la maggioranza; più risicata al Senato, che però hanno riconquistato. Trump, dunque, avrà il Congresso dalla sua parte, a differenza dell’uscente Obama, il che dovrebbe assicurargli una maggiore facilità nel governare.

IN MOLTI STATI ANCHE REFERENDUM 

Per una ventina di stati il Super Tuesday ha significato anche altre novità. Quarantaquattro sono stati i referendum indetti: legalizzazione, salario minimo, armi, pena di morte ed eutanasia sono alcuni dei temi su cui gli americani sono stati chiamati ad esprimersi. California, Washington, Maine e Nevada hanno votato sull’introduzione di regole più strette per il possesso di armi da fuoco. In California, Maine, Massachusetts e Nevada sarà legale, per i maggiori di 21 anni, coltivare, possedere e fare uso di marijuana, in quantità limitate. Anche Arkansas, Florida, Montana e North Dakota hanno votato a favore della legalizzazione, ma solo per uso terapeutico. In Nebraska è stata reintrodotta la pena di morte, mentre il Colorado ha approvato il “suicidio assistito”. È passato in Arizona, Colorado, Maine e Washington anche il referendum che aumenta il salario minimo. Altre consultazioni riguardavano l’uso del preservativo durante le riprese dei film pornografici, l’aumento del prezzo delle sigarette, la tassazione delle bevande gassate e misure per favorire la democrazia diretta.