In provincia di Lecce, tra il paese di Tricase e il mare Adriatico, si trova l’albero più bello d’Italia: la Vallonea, quercia millenaria e leggendaria che si dice abbia ospitato, sotto le fronde ampie e generose, Federico II e i suoi 100 cavalieri. Il concorso per eleggere l’albero dell’anno è stato organizzato, per la prima volta nel 2019, da Giant Trees Foundation, una onlus con sede in Friuli Venezia Giulia che si occupa della salvaguardia e della tutela degli alberi monumentali. La Quercia Vallonea ha vinto con 350mila preferenze, staccando di circa 200mila voti la Quercia di Fossalta. Un risultato che ha sorpreso Mila Boso de Nitto, proprietaria e custode della Quercia e del terreno, che ha ritirato il premio, una scultura in legno di un albero con una civetta incastonata.

Un particolare dei rami della Quercia Vallonea, in una giornata invernale

Origini antiche – «Perde le foglie in inverno, ama i luoghi aridi e soleggiati», dice il cartello segnaletico della Quercia in una strada privata che divide i due sensi del traffico sulla strada che porta al mare, la provinciale Tricase-Tricase Porto. In inverno i rami dell’albero più bello d’Italia sembrano terminazioni nervose. Le fronde fanno raggiungere alla Quercia i 20 metri d’altezza e occupano una superficie di 750 metri quadri. La Quercus aegylops, sottospecie macrolepis, è originaria della Macedonia. In Italia cresce solo nel Salento, che ospita una piccola colonia di questa sottospecie. La presenza di questi alberi nel Leccese risale all’XI secolo. In quel periodo i monaci basiliani, provenienti dall’Asia Minore, fuggirono verso la penisola salentina a causa delle persecuzioni degli iconoclasti. Portarono con sé le ghiande madri delle querce, tra cui quella della Vallonea. La presenza dell’albero e delle ghiande ricche di tannini, una sostanza colorante presente all’interno del guscio della ghianda, permisero lo sviluppo nel sud Salento della lavorazione delle pelli, la “concia”. Un’attività, definita del pelacane, che permise al territorio di sopravvivere fino alla metà dell’Ottocento. Per i salentini, la Vallonea non è solo un albero, ma può forse essere definita un albero con cittadinanza onoraria.

Vallonea superstar – La Vallonea, terza quercia più anziana d’Europa, non è nuova a premi e riconoscimenti. La quercia è censita nella lista rossa delle specie da proteggere ed inserita nell’elenco ufficiale degli Alberi Monumentali d’Italia. Nel1979 è diventata monumento naturale da preservare dell’Unesco, nel 2000 il Wwf e la Regione Puglia l’hanno eletta simbolo della regione. Ma chi vigila sulla sua salute e sicurezza è Mila Boso de Nitto: «Ho una responsabilità perché appartengo a quell’albero. Pago le tasse sul terreno, mi occupo della vigilanza. Faccio tutto questo perché sono io che appartengo al luogo», dice il perito agrario. Ad oggi non c’è una collaborazione ufficiale di tutela pubblica dell’albero, perché il terreno è proprietà privata. La famiglia, proprietaria fino agli anni ’80 di una manifattura di tabacchi, si è sempre occupata, insieme ad amici e volontari, della Quercia, per proteggerla da incursioni pubbliche e private.

La Quercia Vallonea perde tutte le foglie con la stagione invernale

Una storia tormentata – La prima vera minaccia arrivò in pieno periodo fascista, con la costruzione della ferrovia del sud-est. «Negli anni ’20, a cavallo tra la prima e la seconda guerra mondiale, per la prima volta la Vallonea si vestì di politica. Mio nonno, Achille de Nitto, chiamò Attilio Biasco, dottore agronomo e professore all’università di Perugia, una personalità molto influente in quegli anni», racconta Boso De Nitto. «La telefonata andò più o meno così: “Attilio ho un’urgenza, devi parlare con il Duce, non possiamo permetterci di perdere la Vallonea. C’è da fare la strada ferrata, vogliono tagliarla”». Con l’intercessione politica di Biasco, secondo il racconto di Boso De Nitto, Mussolini decise di sospendere il progetto e la Quercia si salvò per la prima volta.
Nei primi anni ’70 un altro progetto infrastrutturale minacciò il grande albero monumentale. C’era da migliorare il collegamento di Tricase alle sue marine, Marina Serra e Tricase porto. Il progetto della strada intercettava il boschetto delle querce e in particolare la Vallonea. Per l’albero si mobilitò tutta la comunità, e in particolare Francesco de Nitto: «Mio padre si incatenò all’albero. Alla fine qualcuno propose un isolotto, un bivio». Oggi La Vallonea, solitaria in un isolotto verde, è il presidio che delimita la città dal mare. «Era più semplice magari allargare la strada esistente ma non c’era accortezza alle tematiche ambientali», ricorda Boso De Nitto.

La custode della quercia – La storia dell’albero ha incontrato quella della famiglia de Nitto, forse per caso, ma le loro strade non si sono mai divise. «Per me la quercia è solo “La grande signora”», dice Boso de Nitto. «Lei è forte e resistente ma si vede già che è anziana. Prima aveva il rigoglio di una pianta spettacolare, adesso ha ridotto la chioma». La preoccupazione è che la rinnovata notorietà possa nuocere alla salute dell’albero, precaria a causa dell’età e delle parassitosi attive nel territorio che hanno già attaccato altri esemplari. «Ho un rapporto di stima verso ciò che vive. Sono cresciuta così. So benissimo che ognuno di noi ha un inizio e una fine. Per la Vallonea vorrei tanto che l’inizio e la fine fosse dettata dalla natura e non dalla stupidità umana». Intanto “la grande signora” rappresenterà l’Italia al contest dell’albero più bello d’Europa, previsto per il 2020: «Ci proveremo, anche se sarà difficile».