Rischia di partire ad handicap il vertice di Palermo sulla Libia. La conferenza, fortemente voluta dall’Italia, rischia di non vedere tra i partecipanti uno dei protagonisti più attesi, Khalifa Haftar. Ex sodale di Gheddafi, caduto in disgrazia ed emigrato negli Stati Uniti, ha giocato un ruolo politico di primo piano sin dalla rivoluzione del 2011 contro l’ex dittatore. Attualmente è il capo militare del governo a est del Paese, in Cirenaica, con sede a Tobruk e mire ambiziose sul resto della Libia, da sempre impegnato in una dura battaglia contro le forze islamiste. La sua presenza è in bilico, ma c’è la possibilità che si presenti nel capoluogo siciliano domani, 13 novembre, nell’ultimo appuntamento della due giorni. Presente invece Fayez al-Sarraj, capo del governo di unità nazionale nato nel 2015 grazie agli accordi di Skhirat, di base nella capitale Tripoli e riconosciuto come tale dall’Italia e da (quasi) tutta la comunità internazionale.
La posizione italiana – Nonostante il possibile forfait di Haftar, il premier Giuseppe Conte si mostra positivo sull’esito di questo appuntamento: «Mi aspetto che Haftar sia presente. La sua visione non è certamente coincidente con quella del presidente Sarraj – ha dichiarato in un’intervista apparsa sul quotidiano La Stampa – ma Mandela ha osservato che ‘il compromesso è l’arte della leadership e compromessi si fanno con gli avversari, non con gli amici’». Nelle ultime ore era circolata anche un’indiscrezione su un possibile volo last minute del presidente del Consiglio a Bengasi per convincere Haftar a partecipare, ma la notizia era stata subito smentita da emissari di Palazzo Chigi, nonostante in Libia abbia avuto un forte rilancio dai media locali.
La questione libica – L’Italia ha già fatto valere la sua preminenza nella questione libica, ottenendo il rinvio delle elezioni inizialmente programmate a dicembre per iniziativa della Francia. Una posizione di forza finalizzata a creare prima una situazione di stabilizzazione economica e militare nel Paese, da anni in una perdurante crisi per mancanza di contante e ripetuti scontri tra le forze in ballo per il controllo dei territori. Una strategia ribadita oggi a Repubblica anche dall’emissario libico dell’Onu, Ghassan Salamé, presente oggi a Palermo. Questa visione aveva creato dei problemi nel mese di agosto anche all’ambasciatore italiano a Tripoli, Giuseppe Perrone, che aveva dichiarato a un canale televisivo libico l’impossibilità di indire elezioni immediate per carenza di democrazia. Parole che avevano irritato molto Haftar, che aveva parlato di un’ingerenza internazionale eccessiva, tanto da costringere Perrone a rientrare in Italia in via precauzionale.
La presenza internazionale – Ci sono state delle perplessità anche sui rappresentanti inviati dalle maggiori potenze occidentali. Gli Stati Uniti non saranno infatti presenti con il segretario di Stato Mike Pompeo, ma con David Satterfield, suo assistente per le questioni mediorientali. Assenti anche Angela Merkel ed Emmanuel Macron: la cancelliera tedesca sarà rimpiazzata dal sottosegretario agli Esteri Niels Annen, mentre a fare le veci del presidente francese ci sarà il ministro degli Esteri Yves Le Drian. Giocherà un ruolo importante anche la cospicua delegazione russa inviata da Vladimir Putin, con a comando il primo ministro Dmitri Medvedev. La Russia detiene un rapporto privilegiato con Haftar, avendone riconosciuto il potere e la legittimità, così come il presidente dell’Egitto Abd al-Fattah al-Sisi, suo stretto partner militare. La stessa presenza del numero uno egiziano è stata letta dai più ottimisti come un segnale dell’eventuale venuta di Haftar.