«Le nostre richieste sono chiare e conosciute, e un accordo può essere raggiunto, a condizione che Netanyahu rimanga impegnato su quanto già concordato». Mentre l’alto funzionario di Hamas, Husam Badran, fa sperare nella possibilità di raggiungere un compromesso con Israele, dall’Iran arriva una dura dichiarazione dal ministro degli Affari esteri Abbas Araghchi: «L’Iran ha la capacita’ di difendersi e di contrattaccare coloro che intendono invadere» il suo territorio. «Difenderemo la nostra terra e la nostra patria da un centimetro all’altro (…) difenderemo gli ideali della Repubblica islamica», ha detto riferendosi all’attacco lanciato da Israele contro obiettivi militari del Paese. Due affermazioni che contribuiscono a descrivere una situazione diplomatica molto delicata e di difficile risoluzione.

Tentivi di tregua – Diversi accadimenti nel corso delle ultime ore hanno aperto spiragli per un’eventuale de-escalation fra il governo israeliano e il gruppo paramilitare palestinese Hamas. Segnali positivi vengono da Il Cairo, dove il presidente Abdel Fattah al Sisi ha proposto un breve cessate il fuoco di due giorni a Gaza per lo scambio di quattro ostaggi israeliani con alcuni prigionieri palestinesi. Tregua a cui dovrebbero auspicabilmente seguire nuovi negoziati entro 10 giorni dall’attuazione dello stop ai combattimenti temporaneo, nel tentativo di raggiungerne uno permanente. Altro segnale positivo viene dalle recenti prese di posizione del ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant. Il responsabile dell’Idf chiede infatti al suo governo un cambio di passo per chiudere la dolorosa partita degli ostaggi. Viste le dure perdite inflitte sia al gruppo libanese Hezbollah sia ad Hamas, che «nel sud ha cessato di agire come struttura militare», secondo il ministro è arrivato il momento di «dolorose concessioni» al nemico, pur di riportare tutti a casa i rimanenti 101 ostaggi, o almeno i 64 ritenuti ancora in vita. Diplomazia e non solo bombe, è il suo appello al governo, che arriva nel giorno in cui la testa dei servizi segreti israeliani David Barnea torna a Doha allo scopo di riprendere le fila delle trattative per una tregua a Gaza. Il capo del Mossad, come riporta il Times of Israel, s’è infatti recato nella capitale del Qatar per incontrare il direttore della Cia William Burns e il primo ministro arabo Mohammed bin Abdulrahman Al Thani. Secondo l’ufficio del premier israeliano, i funzionari presenti discuteranno «le varie possibilità di riavviare i negoziati per il rilascio degli ostaggi dalla prigionia di Hamas, in base ai recenti sviluppi». La questione del lavoro diplomatico e del relativo cessate il fuoco a Gaza necessari per la liberazione degli ostaggi israeliani è stata uno dei principali motivi delle proteste che hanno segnato la commemorazione delle vittime del 7 ottobre svoltasi domenica a Gerusalemme: proprio i parenti di alcune delle persone rimaste uccise nell’attentato hanno più volte interrotto l’intervento del premier Benjamin Netanyahu con diverse urla, contestandogli soprattutto la linea politica intransigente con Hamas che avrebbe ostacolato l’accordo per una tregua e il conseguente scambio di prigionieri.

Lo schianto di un camion a Tel Aviv – Tuttavia, altri eventi recenti rendono la tregua un’eventualità più remota. Domenica mattina un camion si è schiantato contro una fermata dell’autobus a nord di Tel Aviv, davanti alla base dell’Idf di Glilot. provocando la morte di una persona e il ferimento di una trentina di passanti. In un comunicato stampa, Hamas ha subito rivendicato l’episodio, elogiando quella che ha definito una «operazione eroica» effettuata vicino al quartier generale del Mossad: «Una risposta naturale ai crimini dell’occupazione (israeliana) contro il nostro popolo palestinese a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme», ha affermato il gruppo armato. Sull’episodio la polizia israeliana parla di sospetto attentato, mentre i familiari del conducente del camion, ucciso subito dopo da alcuni civili armati, escludono l’ipotesi dell’attacco, parlando invece di un incidente avvenuto per un malore. Intanto, continuano i bombardamenti sulla Striscia di Gaza: su Telegram, l’esercito israeliano ha comunicato di aver «eliminato decine di terroristi» di Hamas a Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza, dove «continuano gli sforzi per evacuare civili in aree più sicure». Al Jazeera, invece, riporta un attacco israeliano nel quartiere Shujayea di Gaza City, dove son rimaste uccise almeno tre persone. Domenica, invece, gli attacchi aerei militari israeliani hanno causato la morte di almeno altri 45 palestinesi, affermano i funzionari sanitari palestinesi citati dal Guardian. Secondo la stessa fonte, almeno 20 persone sono state uccise in seguito a un attacco aereo sempre sulle case di Jabalya, il più grande degli otto campi profughi della Striscia di Gaza. Un attacco aereo israeliano su una scuola che ospitava famiglie palestinesi sfollate nel campo di Shati a Gaza City ha ucciso nove persone e ne ha ferite altre 20, molte delle quali in condizioni critiche. Il ministero della Sanità di Hamas ha da poco aggiornato via Telegram il bilancio dei morti nella Striscia: 43.020, di cui 96 nelle ultime 48 ore, 101.110 i feriti.

Le dichiarazioni iraniane – Ad allontanare le possibilità di una progressiva pacificazione è anche il contesto internazionale, e in particolare i recenti sviluppi del conflitto fra Israele e l’Iran. A seguito dell’attacco aereo israeliano del 26 ottobre che ha colpito numerosi obiettivi militari iraniani – una rappresaglia ai razzi lanciati dal regime degli ayatollah il primo di ottobre – il governo arabo non si era ancora espresso fino alla mattina del 28 ottobre, quando il portavoce del ministero degli Esteri Esmail Baghai ha affermato nella conferenza stampa settimanale che l’Iran contrattaccherà «con fermezza ed efficacia», utilizzando «tutti i mezzi disponibili per rispondere con fermezza ed efficacia all’aggressione del regime sionista». Il comandante in capo delle Guardie rivoluzionarie iraniane Hossein Salami, invece, ha avvertito Israele che dovrà affrontare «aspre conseguenze» dopo l’attacco di sabato scorso ai siti militari del Paese: si profila dunque un’ulteriore escalation militare all’orizzonte.

Una fonte informata della Cnn, in questi equilibri diplomatici assai precari, ha affermato che, in ogni caso, non ci si aspetta che i colloqui sul cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi tra Hamas e i negoziatori israeliani registreranno «progressi significativi» finché non verrà dichiarato un vincitore nelle elezioni presidenziali statunitensi. In tal caso, dovremo aspettare nuovi sviluppi a partire dal 5 novembre.