Torna a salire, dal primo marzo, il costo di visite ed esami specialistici per i cittadini lombardi. E’ l’effetto della decisione del Governo, che giovedì scorso ha impugnato di fronte alla Consulta il provvedimento con cui la giunta guidata da Roberto Maroni aveva deliberato il taglio del sovrapprezzo regionale sulle ricette. Ad annunciarlo, lunedì 27 febbraio, è stato l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera, spiegando che l’ente non ha al momento altra scelta. Divampa la polemica politica tra centrosinistra e centrodestra sulle responsabilità del pasticcio ai danni dei cittadini.
Sconto illusorio – Al centro della contesa la misura contenuta nella manovra regionale 2017 varata lo scorso 22 dicembre che riduceva il costo del cosiddetto “super-ticket”, un sovrapprezzo su visite ed esami specialistici che ciascuna Regione è tenuta ad applicare a partire dal 2011. Nei piani della giunta-Maroni, a partire dal 1° febbraio il costo massimo di tale contributo avrebbe dovuto essere dimezzato da 30 a 15 euro. Una riduzione di fatto applicata soltanto per un mese, poichè come annunciato dall’assessore Gallera tutto tornerà come prima a partire dal 1° marzo. Per lo meno in attesa del pronunciamento della Corte Costituzionale sul contenzioso tra enti dello Stato dopo l’impugnazione del provvedimento da parte del Consiglio dei Ministri.
Regione sul piede di guerra – Per il Governo, secondo alcuni con motivazioni prevedibili, il taglio dei costi lede le competenze dello Stato centrale in materia di finanza pubblica definite dalla Costituzione. Il superticket è stato introdotto infatti da una disposizione nazionale che deve portare nelle casse pubbliche di ogni Regione maggiori risorse – per la Lombardia tra i 130 e i 150 milioni di euro l’anno. Agli occhi dell’esecutivo, dunque, l’amministrazione lombarda non può ridurre gli introiti dal provvedimento, a meno di non garantire pari entrate per il bilancio pubblico da altre misure. Ma la Giunta non ci sta e annuncia battaglia contro la decisione del Governo. «Siamo indignati – ha dichiarato l’assessore – i lombardi hanno il diritto di beneficiare della virtuosità della nostra gestione. Se il Governo non riconoscerà la legittimità della nostra azione difenderemo davanti alla Corte costituzionale gli interessi dei lombardi ad amministrare in autonomia il proprio budget». E dagli ambienti forza-leghisti della maggioranza torna a salire la richiesta di maggiore autonomia da Roma.
L’ambito di applicazione – A fare le spese dello scontro istituzionale i pazienti che dal 1° marzo dovranno prenotare visite ed esami specialistici in Lombardia. Secondo i calcoli della Regione stessa, il superticket si applica al 30% circa delle ricette. Esami complessi come Tac, risonanze o ecografie torneranno dunque a costare in media 15 euro in più ciascuna. Alle prestazioni del costo di 36 euro ciascuna, ad esempio, dovrà tornare ad aggiungersi un costo regionale di 30 euro – e non più di 15 – come succedeva prima del 1° febbraio. 25 milioni, sull’altro versante, i soldi che la Regione tornerà ad incamerare con la re-introduzione del prezzo pieno. Ma da chiarire resta anche, nelle prossime settimane, il destino delle ricette prescritte nel mese di febbraio a tariffa ribassata, oltre 230mila secondo i calcoli di Palazzo Lombardia.
L’attacco del Pd – Contro il pasticcio della giunta regionale si scaglia intanto il Partito Democratico, all’opposizione in Regione. «Il centrodestra sta prendendo in giro i lombardi» attacca il segretario regionale Alessandro Alfieri, che avanza anche sospetti sull’ambiguità della decisione di ieri della giunta. «Nessuno obbliga la Regione a ritirare la delibera e ad alzare nuovamente il tetto dei ticket – ragiona Alfieri – Se lo fa è solo per mascherare il suo fallimento rispetto a una delle maggiori promesse fatte in campagna elettorale». Una polemica destinata a proseguire con toni accesi, in attesa della decisione della Consulta.