Dopo due mesi di comizi, cene ed eventi la corsa per le regionali in Lombardia e nel Lazio è finita. Per il Pirellone la sfida era tra il presidente uscente Attilio Fontana (Centrodestra), Pierfrancesco Majorino (Centrosinistra) e l’ex assessora Letizia Moratti (Terzo Polo). I tre hanno condotto campagne elettorali profondamente diverse sia nei contenuti che nella forma, a partire dalle parole-chiave della loro comunicazione: se per Majorino tutto ha ruotato intorno al concetto di «cambiamento», Fontana ha seguito il filo rosso del «buon governo». Il professor Roberto Cammarata, docente di Filosofia politica all’università Statale di Milano, ha analizzato insieme a la Sestina il linguaggio politico dei candidati.

Letizia Moratti, candidata per la Presidenza della Regione Lombardia

Continuità vs cambiamento – «L’asse della comunicazione politica si delinea attorno alle categorie della continuità e della discontinuità, e questo è abbastanza classico» ha spiegato il professore. «Chi esce da una posizione di responsabilità di governo tende a riproporre la necessità di dare seguito a un’esperienza valutata in modo positivo». Di qui l’insistenza di Fontana sul buon governo del centrodestra e sui risultati dei suoi primi cinque anni da presidente. La posizione di Majorino, chiamato a provare a porre fine al dominio quasi trentennale della destra in Lombardia, era diametralmente opposta: nel suo caso «la spinta verso la discontinuità è stata molto forte». Una discontinuità resa ancora più radicale dall’alleanza con il Movimento 5 Stelle e dalla candidatura di Letizia Moratti: «Fino a pochi mesi fa Moratti era parte integrante della giunta di Fontana e questo ha permesso a Majorino di dire: “Noi siamo gli unici davvero alternativi”». Moratti invece si è posizionata a metà strada e la sua comunicazione è stata spesso ambigua, favorevole a un cambiamento ma non dirompente né radicale.

Il vantaggio di Fontana – «Il presidente uscente partiva da una posizione di vantaggio e non tanto perché i sondaggi lo davano favorito», ha osservato il professor Cammarata, «ma perché era forte di una tradizione, di un percorso consolidato a cui ha affiancato parole di rassicurazione sulla bontà dei risultati ottenuti». Alla base del suo messaggio agli elettori c’è quindi «la sicurezza del già conosciuto, di ciò che sai già dove porta» e che spinge a chiedersi: “perché cambiare?”. Gli avversari, non potendo puntare a loro volta sulla rassicurazione, «hanno dovuto toccare la leva della trasformazione legata al concetto di cambiamento».

“Io” vs “Noi” – La differenza nelle strategie comunicative dei tre candidati è emersa anche dalla loro strategia social. Negli ultimi giorni prima del voto, ad esempio, Moratti ha pubblicato alcuni post che ripercorrono le sue vicende personali e familiari. Majorino ha invece cercato di fare rete, condividendo inviti a per portare amici e familiari al voto e videomessaggi di amministratori locali o personaggi noti tra cui il cantante Roberto Vecchioni, l’attore Giovanni Storti e il magistrato Gherardo Colombo. Queste scelte sono frutto di culture politiche differenti. «Il retroterra culturale e politico di Moratti è quello di carattere liberale del centrodestra, quindi fa molto leva sulla dimensione dell'”io” e si presenta come una donna vincente» ha spiegato il professor Cammarata. «Dall’altro lato invece c’è una collettività di cui Maiorino è semplicemente il punto di riferimento. Fontana sta un po’in mezzo rispetto a queste dinamiche» perché il “noi”, la Lega, è in crisi, ma concentrare tutto sul suo “io” lo avrebbe esposto alle critiche degli avversari per alcune scelte del passato, come lo scudo fiscale sui soldi in Svizzera.