«Andremo sulla Luna perché sta lì, perché possiamo farlo, perché siamo naturalmente portati a esplorare». Così il presidente John Fitzgerald Kennedy, nel 1962, annunciava  a 40 mila americani, riuniti nello stadio della Rice University di Houston, il suo sogno di sbarcare sulla Luna. Alcuni rimasero affascinati da una retorica suadente, altri  lo presero per un visionario. Ma sette anni dopo Neil Armstrong, comandante di Apollo 11, la missione spaziale promossa dallo stesso presidente, faceva il primo passo di un uomo su un altro corpo celeste. A cinquant’anni da quel 20 luglio del 1969, Tommaso Ghidini, capo della divisione strutture, meccanismi e materiali dell’Agenzia spaziale europea (Esa), rimarca l’importanza delle missioni lunari, parlando di un importante progetto: «La costruzione entro il 2023 di Deep Space Gateway, una stazione orbitale intorno alla Luna. Un hub per missioni verso pianeti più lontani, ma anche un centro indispensabile per stabilirsi sulla stessa superficie lunare».

Tornare per ripartire – «Le agenzie spaziali guardano alla Luna quanto e più di 50 anni fa, quello che è cambiato è il paradigma. Allora lo sbarco sulla Luna era il sogno, l’apice delle possibilità tecniche dell’epoca». E il Deep Space Gateway, secondo Ghidiniè la naturale espressione di questa filosofia. «Sarà una base permanente per l’esplorazione spaziale verso obiettivi più lontani: da questo hub transiteranno sia le spedizioni dirette verso la superficie lunare sia verso lo spazio profondo, verso Marte prima di tutto e tra decenni verso i satelliti di Giove. Servirà anche per soccorrere in poco tempo gli astronauti in missione sul satellite in caso di pericolo». Così come la “gemella” orbitante attorno alla Terra, la Stazione spaziale internazionale, anche la nuova struttura vedrà collaborare più Paesi. Oltre all’Europa ci lavoreranno  Stati Uniti, Russia, Giappone e Canada. «Lo spazio», continua Ghidini, «è una sfida talmente grande e complessa che spinge alla collaborazione e non alla competizione, anche tra Stati che sulla Terra trovano molte occasioni di contrasto. È uno dei lati migliore della corsa allo spazio: ci andremo tutti insieme, come un’unica specie».

Tornare per restare – Il Deep Space Gateway permetterà di sostenere progetti di permanenza sulla superficie lunare: «Ci sono tre motivi per insediarsi sulla Luna: raccogliere risorse, sfruttare le possibilità scientifiche dell’ambiente e farne una base in grado di sostenere l’umanità nella sua espansione nel sistema solare». Tra le principali risorse c’è l’elio-3, una sostanza capace di garantire al nostro pianeta energia nucleare pulita priva di radiazioni. Altra risorsa è l’acqua ghiacciata, centinaia di milioni di tonnellate; anche se non è ancora chiaro se sia potabile o meno, può essere comunque sfruttata per ricavare ossigeno per le basi e idrogeno come combustibile. L’altra faccia della Luna poi, «anche se non è scura come dicevano i Pink Floyd» scherza Ghidini, può ospitare osservatori astronomici che non abbiano il problema dell’inquinamento luminoso e dell’atmosfera. Soprattutto la Luna può essere un gigantesco laboratorio per testare in relativa sicurezza i mezzi che serviranno per future e più lontane esplorazioni. Come ad esempio le tecnologie che l’Esa sta sviluppando con IgLuna, iniziativa a cui partecipa anche il Politecnico di Milano. Si tratta di una base all’interno del ghiacciaio Zermatt in Svizzera in cui ricercatori di 11 università europee simulano la vita in una futura base lunare. In particolare si studiano le stampanti 3D che sul satellite permetteranno, spiega Ghidini, « di costruire l’intera base usando solo regolite lunare, cioè sabbia, da cui si possono estrarre titanio, ferro, alluminio e silicio. Potremo stampare sia le strutture sia i componenti elettronici, tutto ricavato solo da sabbia ed energia solare».

Specie multiplanetaria –  «Dobbiamo entrare nell’ottica che in pochi anni lo spazio vitale umano sarà fatto da due corpi celesti, la Terra e la Luna. Già adesso ci sono privati cittadini che vogliono organizzare viaggi turistici attorno al satellite, non è più un affare per soli Stati». Il riferimento è a SpaceX di Elon Musk e Blue Origin di Jeff Bezos, compagnie che hanno raggiunto traguardi addirittura prima delle agenzie statali, come nel caso del riutilizzo dei razzi. L’arrivo dei privati tra le stelle è un’ottima notizia secondo Ghidini: «Dimostra che lo spazio non è una questione fuori portata per la gente comune. Succederà come per i viaggi aerei: nei decenni sono diventati sempre più nella disponibilità di tutti e oggi le low cost offrono a chiunque la possibilità di volare e andare in vacanza in un altro continente. Sarà lo stesso con i viaggi interplanetari». Con l’avanzamento tecnologico le distanze conteranno sempre meno. «Ancora negli anni Cinquanta si andava in America via nave, ci volevano settimane. Oggi bastano poche ore. Andrà così anche per raggiungere altri pianeti: quando andremo su Marte a fine anni Trenta il viaggio durerà anni, ma un giorno potrebbero volerci pochi mesi o ancora meno. Abbiamo tutte le possibilità di diventare una specie multiplanetaria».