In una Milano che oggi è composta per la maggior parte da abitanti che 15 anni fa ancora non c’erano, il problema della casa viene posto ora al pubblico. Alloggi popolari sfitti e migliaia di famiglie in graduatoria; affitti del mercato privato saliti del 40% in sette anni; nessuna regolamentazione sugli affitti brevi, a uso turistico. Si è appena concluso il Forum dell’Abitare (20-22 marzo), una tre giorni di workshop e dibattiti organizzata da Pierfrancesco Maran, assessore comunale alla Casa e al piano quartieri, per fare il punto sull’emergenza abitativa e presentare una strategia triennale. Con l’augurio che possa uscire dai confini comunali: «Resto stupito che non si riesca a trasformare questo argomento in questione politica», ha detto Maran. Sul palco, l’ultimo giorno, sono saliti anche gli attivisti del collettivo CiSiamo, dopo lo sgombero di uno stabile in zona Udine.

Uno dei panel del Forum dell’Abitare, con Giuseppe Sala e Pierfrancesco Maran (ANSA/MOURAD BALTI TOUATI)

Le case vuote – La manifestazione prende avvio al Base, quartiere Tortona: una zona operaia che ha conosciuto una trasformazione rapidissima negli ultimi anni. Mentre la città corre, il tema degli alloggi popolari è al cuore del Forum. Tra le unità immobiliari del Comune e di Aler, società privata a partecipazione pubblica, sono 6.000 le case vuote in attesa di manutenzione, contro 17.000 famiglie in attesa di assegnazione.

L’obiettivo – «Bisogna tornare a costruire case pubbliche», ha spiegato Maran, «ma servono le condizioni giuste: società, come in Francia e in Spagna, che possano acquisire patrimonio e realizzare i progetti, e un sistema, da costruire con lo Stato, che finanzi la manutenzione». L’assessore ha sottolineato la mancanza di sussidi statali agli enti locali per sostenere l’edilizia pubblica. In particolare, come riporta la Strategia per la casa presentata il primo giorno, la principale fonte di finanziamento regionale deriva dalla vendita degli stessi immobili. Negli ultimi vent’anni, il patrimonio Aler è sceso di 30.000 unità. L’obiettivo (decennale) che ora il Comune si pone è di arrivare a 25.000 case pubbliche e 10.000 alloggi di housing sociale, uno strumento ibrido tra la tradizionale assegnazione pubblica e il sistema del libero mercato, con affitti a canoni convenzionati e la possibilità di comprare sempre a prezzi agevolati.

Milano come Venezia – Sono almeno 15.000 in tutta Milano gli alloggi destinati agli affitti brevi, a uso turistico: «L’Italia è l’unico Paese europeo che non ha previsto una normativa nazionale su Airbnb, e fenomeni simili», ha detto Maran. Fenomeni che ancora vengono trattati come novità anche se ormai sono una realtà da circa un decennio, come ha ricordato l’assessore. Unica eccezione, Venezia: il decreto Aiuti ha concesso alla città di testare una regolamentazione degli affitti brevi, ma ha notato Maran che «siamo a marzo e ancora non l’ha fatta. Stanno perdendo un’occasione, anche per le altre città». Anche il sindaco Giuseppe Sala, presente all’apertura dei lavori, ha sottolineato che questi alloggi, concentrati nelle zone centrali e della circonvallazione esterna, tolgono spazio agli affitti per studenti e lavoratori. L’intenzione non è quella di minare gli interessi dei piccoli proprietari, che affittano la seconda casa, ma di porre l’attenzione sulle società che investono negli appartamenti turistici, chiedendo allo Stato una normativa ad hoc, sulla scia di altri Paesi come Olanda e Portogallo.

Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, partecipa al Forum dell’Abitare
(ANSA/MOURAD BALTI TOUATI)

Affitti record e salari fermi – Ventuno euro al metro quadro per affittare a Milano, e chi ci lavora non può permettersi di abitarla. A una crescita dei prezzi quasi della metà non corrisponde infatti un aumento dei salari, che per lo stesso periodo di tempo sono saliti solo del 5%. In un web reportage del Corriere.it si è osservato che il reddito medio che sarebbe necessario per vivere in città sarebbe di 4.544 euro al mese, contro le entrate medie mensili di 1.907 per le persone single e 3.432 per le coppie. Scegliere un quartiere piuttosto che un altro impatta poco: sempre il reportage nota che in nessuna zona è richiesto un reddito uguale o inferiore ai 1.907 euro di chi abita da solo.

Proposte “indecenti” – Come titola un panel nella seconda giornata di lavori, il Forum ha messo in campo anche delle proposte “indecenti”. Guardare a città come Parigi, che sperimentano tetti sulla crescita degli affitti; lavorare su sussidi all’affitto («Non c’è nessun supporto al momento, a differenza di città come Vienna, Barcellona e addirittura New York, ma non è una risposta che può essere realizzata a livello comunale», ha detto Maran) e detrazioni fiscali fino a 3.000 euro l’anno. È stata inoltre lanciata la piattaforma SOS Affitti, a cui i cittadini possono segnalare situazioni irregolari.

Fuori dal Base – L’ultimo giorno dei lavori, intanto, sotto la sorveglianza di un reparto di polizia in tenuta antisommossa, si sono radunati davanti all’ingresso del Base alcuni membri del collettivo Rete Solidale CiSiamo: quella stessa mattina era stato sgomberato l’ex stabilimento San Carlo di via Siusi, in zona Udine. «Da ottobre 2020 in via Siusi abitavano circa 40 persone tra cui alcune famiglie con minori, provenienti da Mali, Gambia, Marocco e Brasile», hanno spiegato i manifestanti. Alcuni sono stati poi chiamati sul palco a parlare: «Con lo sgombero di oggi perdiamo un’esperienza e uno spazio importante per chi non ha casa a Milano».