«Oggi scambieremo le nostre idee e le nostre azioni, perché bisogna lottare contro la disuguaglianza nella cura». Con queste parole Gabriella Pravettoni ha inaugurato la due giorni dellInternational Forum on Cancer Patients Empowerment, il primo Forum internazionale interamente dedicato al tema dell’empowerment dei pazienti oncologici, di un loro maggiore coinvolfìgimento nel processo terapeutico. Le parole della segretaria generale del forum hanno introdotto il tema cui le due giornate, 16 e 17 maggio, sono dedicate alla centralità del paziente nei processi di cura del tumore. Un tema complesso che tocca diversi punti, come la necessità di condividere le decisioni di chi cura con il paziente, e conseguentemente coinvolgere lo stesso nei processi decisionali che riguardano la sua salute. Perché «se non combattiamo contro la paura, l’ansia, non potremo trovare una vera soluzione, perché lavoreremo sul corpo e non sulla mente, e quindi arriveremo a una guarigione solo parziale.»

A introdurre il forum erano presenti anche il Rettore dell’Università di Milano Gianluca Vago, la vicesindaca di Milano Anna Scavuzzo, l’assessore al welfare della Regione Lombardia Giulio Gallera, il presidente dell’OMCeO Roberto Carlo Rossi, il presidente della European Alliance for Personalised Medicine (EAPM) David Byrne e Fortunato Ciardiello, presidente della European Society for Medical Oncology (ESMO).

Il convegno, organizzato dall’Università Statale di Milano in collaborazione con la Fondazione Umberto Veronesi, si articola in due giornate suddivise in diverse sessioni, ciascuna delle quali prevede l’intervento di diversi esperti del settore provenienti da tutta Europa. Teatro di questi incontri l’aula magna dell’Università, in via Festa del Perdono. Luogo non casuale, come fa notare il Rettore Gianluca Vago: «Perché ci troviamo in un’Università? Perché l’Università è un luogo fondamentale per la ricerca, e questa in particolare si concentra molto sulla formazione medica». Vago ha poi sottolineato la necessità di un intervento di personalizzazione della cura oncologica, partendo dal presupposto che «ogni malattia è diversa, e quindi anche ogni paziente è diverso».

Il paziente al centro – Come già detto, il fulcro del Forum riguarda essenzialmente il ruolo e la figura del paziente, cui deve essere restituita la centralità che gli spetta all’interno di processi decisionali riguardanti la propria cura. È quindi importante, come sottolineato dalla vicesindaca Scavuzzo, che venga adottato un approccio che sottolinei l’importanza delle differenze che intercorrono tra i pazienti, in un’ottica di personalizzazione delle modalità di cura. E questa visione deve essere condivisa da tutti, enti, associazioni, istituzioni, università, in modo tale da avere lo stesso obiettivo e avvicinarvisi sempre di più. Il malato deve essere quindi informato quanto più possibile sia della propria condizione sia delle alternative di cura, e va reso «consapevole del proprio ruolo attivo nel trovare la chiave che gli consenta di trovare la forza di agire e reagire», sottolinea Giulio Gallera. Ma motore di un cambiamento in questa direzione, naturalmente, non può essere solamente chi viene sottoposto alle terapie. Anche il medico, infatti, è portatore di enormi responsabilità, oltre naturalmente a quelle professionali, prima fra tutte la preparazione psicologica e la capacità di entrare in contatto con i pazienti instaurando con essi un rapporto umano, improntato sulla fiducia.

Per un’Europa più equa nella cura della malattia –  In Europa, le disuguaglianze nella cura del cancro sono notevoli, e a farne le spese sono soprattutto i Paesi orientali del continente. È evidente che le difficoltà siano riconducibili alle differenti priorità, alla difficoltà di avere a disposizione una rete informativa efficace sul tema, e, più semplicemente, a problematiche di tipo puramente economico. A questo si aggiunge un parallelismo tra investimento e risultato, l’outcome della malattia, ovvero un utilizzo degli investimenti che non ne garantisce lo sfruttamento adeguato. Peter Selby, dell’European Cancer Concord, afferma infatti che non si stanno mettendo in pratica le soluzioni migliori per l’Europa, in generale, nella lotta al cancro. Sarebbero infatti necessari una produzione congiunta di strategie e policies, più cooperazione e progetti da perseguire in collaborazione tra Stati.

 

Spesa per Stato dedicata a ogni malato oncologico

Dati da Europe of Disparities, white paper di European Cancer Patient Coalition

 

Per questa ragione, nel 2014 la Commissione europea ha lanciato e supportato la Cancon, una join action europea che ha generato una guida da seguire per migliorare in Europa le azioni di controllo sui tumori.

Francesco De Lorenzo, ex ministro della Sanità e presidente della European Cancer Patient Coalition (Ecpc), che rappresenta più di 400 associazioni in tutta Europa e fa parte della Commissione europea sul controllo del cancro, sottolinea il fatto che esistono delle disuguaglianze molto forti della cura del cancro in Europa, e all’interno degli stessi Stati, tanto che si è reso necessario che fossero associazioni gestite dagli stessi malati (facenti parte, appunto dell’Ecpc) a occuparsi di diffondere materiali e informazioni utili. L’Ecpc, ad esempio, attraverso un’osservazione costante messa in campo appunto dai malati stessi, ha pubblicato un white paper sulle disparità presenti in Europa (Europe of disparities), poi presentato al Parlamento Europeo.

 

Dal canto suo, l’Italia si trova al terzo posto tra i Paesi europei per l’aumento dell’incidenza del cancro, ma è prima per quanto riguarda la riduzione della mortalità, che è diminuita del 23% tra il 1995 e il 2012. Tuttavia forti disuguaglianze nell’accesso alle cure si notano anche tra alcune regioni italiane, più accentuato tra quelle del nord e quelle del sud. Lo ha verificato Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia, movimento che rappresenta i diritti della donna nella prevenzione e cura del tumore al seno, che già in passato si era occupata di condurre una ricerca sul cancro al seno, che aveva evidenziato forti disparità tra regioni sia in termini di conoscenza, sia per quanto riguardava l’accesso alla cura. Una vera e propria Italia a due velocità, in cui il divario si può colmare solo esercitando pressione sulle istituzioni, sia mediaticamente, sia attraverso varie forme di associazionismo, favorendo informazione e consapevolezza del problema. Anche perché, rispetto al passato, i casi di cancro al seno diagnosticati sono in crescita, e non perché ci siano più donne soggette, ma semplicemente perché le nuove apparecchiature consentono di vedere il tumore anche quando non si percepisce al tatto. Questo rende possibile agire prima, ed è fondamentale che la donna sia resa consapevole e partecipe di tutti i vari stadi della malattia e, successivamente, della cura.