I prossimi due anni la Camera dei Rappresentanti sarà controllata dai Democratici e il Senato dai Repubblicani, che qui hanno rafforzato la maggioranza rispetto al voto del 2016. Questa è l’indicazione che emerge dalle elezioni di metà mandato, con lo spoglio ancora in corso e circa 15 seggi in bilico tra i due partiti. Gli elettori americani mandano così un messaggio chiaro al presidente Donald Trump a due anni dal suo insediamento e dalle elezioni presidenziali del 2020: i Democratici riconquistano dopo otto anni la Camera con un margine che si dovrebbe attestare intorno ai 35 seggi, nonostante partissero da uno svantaggio di 23.

Nel day after del voto però si consuma un altro strappo all’interno dell’amministrazione: Trump ha chiesto e ottenuto le dimissioni del ministro della Giustizia Jeff Sessions, fiero sostenitore del presidente che però aveva rinunciato alla supervisione dell’inchiesta sul Russiagate portata avanti in questi mesi dal procuratore speciale Robert Mueller. «Grande successo stasera, grazie a tutti», ha commentato in un tweet Trump che intorno a mezzanotte di martedì ha chiamato la leader democratica alla Camera Nancy Pelosi per congratularsi con lei e ammettere la vittoria dei democratici. «Le elezioni di midterm sono sempre stato un disastro per i Presidenti – ha spiegato Trump nella conferenza stampa di mercoledì – questa invece è una grande vittoria».

Secondo le proiezioni della Cnn, dopo otto anni i democratici hanno conquistato la Camera con un risultato anche oltre le aspettative: il partito dell’asinello dovrebbe arrivare a quota 235 seggi (partendo da 193) mentre i repubblicani si fermeranno a 200, perdendone ben 35. Quando mancano ancora 15 seggi da assegnare, i dem hanno raggiunto quota 223 contro i 199 del partito di Trump. Per la Camera sono state decisive le vittorie dei collegi di Florida, Michigan, Minnesota e Pennsylvania, precedentemente controllati dai Repubblicani. Secondo molti analisti americani, la riconquista della Camera era il vero obiettivo dei Democratici perché è questa ala del Congresso che di norma dà il via alla procedura di impeachment nei confronti di Trump per i suoi rapporti con la Russia durante la campagna elettorale del 2016. Al Senato invece i repubblicani hanno consolidato la maggioranza di 2 seggi necessari, passando da 51 a 53 contro i 43 dei Democratici. Decisive qui sono state le vittorie degli ex candidati alla Casa Bianca Mitt Romney nello Utah e di Ted Cruz in Texas, insidiato dal giovanissimo astro nascente democratico Beto O’Rourke.

Il voto della Camera era l’unico su base nazionale di queste elezioni e, secondo il New York Times, in valore assoluto i democratici hanno superato i repubblicani di quasi 3 milioni di voti (48 a 45), aumentando di circa un milione il divario tra gli elettori progressisti e quelli conservatori rispetto alle elezioni di due anni fa. Questo però non gli ha permesso comunque di conquistare la maggioranza al Senato dato che qui il voto è su base statale, come nelle elezioni presidenziali.

«Domani è un giorno nuovo per l’America – ha esultato in serata Pelosi che con ogni probabilità sarà riconfermata speaker della Camera dopo gli anni di Obama alla Casa Bianca – non è solo una vittoria dei democratici, è la vittoria delle regole costituzionali, dei controlli sull’amministrazione Trump».

Martedì si votava anche per i governatori di 36 Stati: finora 24 sono stati assegnati ai Repubblicani e 12 ai democratici, tra cui il Michigan e il Wisconsin precedentemente controllati dai repubblicani. Secondo il New York Times, proprio la sconfitta del governatore Scott Walker in Wisconsin potrebbe far partire la riscossa dei democratici alle elezioni presidenziali del 2020. In alcuni stati Usa si è votato anche per importanti referendum: tra questi, in Michigan gli elettori hanno approvato l’uso ricreativo della marijuana mentre in Florida è stato deciso di restituire il diritto di voto ad un milione di persone condannate definitivamente che hanno già scontato la loro pena.