«Quando è scoppiata la bomba, sarei dovuto essere anch’io nel salone, invece ero al telefono con un esperto di jazz. Avevo organizzato una sua conferenza nella biblioteca del mio paese, ma non poteva più venire e mi stava tenendo in linea più del previsto. Proprio quando ho chiuso la chiamata, c’è stata l’esplosione.
Nel mio ufficio c’era una porta che dava su una scala per andare nel sotterraneo. Il botto ha scardinato la porta con tutti gli stipiti e l’ha fatta cadere addosso al mio collega che aveva la scrivania proprio lì. C’era una scarpa sul bancone davanti allo sportello, e quando mi avvicinai vidi che dentro c’era un piede. Sono questi i ricordi che ho di quei momenti. Abbiamo cercato di uscire, di andare a un bar passando in mezzo ai cadaveri, cadaveri che ancora non si sapeva quanti fossero.. C’era gente che si lamentava, gente ferita, ma anche gente che era già morta.
Le vicende e i processi non li ho seguiti perché avevo la sensazione che ci fosse tanta strumentalizzazione, molti particolari enfatizzati, e altri invece non raccontati. Ad esempio, nessuno ha raccontato perché c’era tutta quella gente nella banca di venerdì pomeriggio. Per tradizione, in Piazza Fontana il venerdì c’era il mercato degli agricoltori che trattavano partite di latte, grano ecc. D’estate stavano fuori, mentre d’inverno, con il freddo, la banca apriva le porte e li faceva entrare a fare i loro affari, anche se non avrebbe potuto farlo.  Noi impiegati non eravamo contenti che ci fosse tutta questa gente, c’era un sacco di caos e ci davano anche un po’ fastidio. Però quel giorno era una giornata freddissima e nebbiosa, quindi erano entrati tutti. Non so dire se la bomba sia stata messa apposta perché si sapeva che c’era tanta gente, ma il dubbio mi è venuto diverse volte. Anche perché non la sapeva nessuno questa cosa del mercato, lo sapevano praticamente solo i titolari delle aziende agricole.»

[Giacomo Ferrari, giornalista del Corriere della Sera]

 

«In un momento delicato in cui assistiamo a un rigurgito del neofascismo, dobbiamo rispondere con un impegno antifascista militante. Milano, se vuole avere qualcosa di più, deve tenere alto il vessillo dei suoi valori e dell’antifascismo». È questo il messaggio che rivolge il sindaco Beppe Sala alla città in occasione della commemorazione della strage di piazza Fontana. 48 anni fa, il 12 dicembre 1969, alle 16:37 una bomba esplodeva nel salone centrale della Banca Nazionale dell’Agricoltura causando 17 morti e più di 80 feriti. Tre giorni dopo durante le indagini sull’attentato perse la vita, in circostanze mai del tutto chiarite, l’anarchico Giuseppe Pinelli, precipitato dalla finestra della questura di Milano. Piazza Fontana, la “madre di tutte le stragi”, l’inizio della cosiddetta strategia della tensione, rappresenta una delle pagine più oscure della storia della Repubblica italiana. «Sembra che non ci siano colpevoli, ma in realtà ci sono e sono i fascisti», ribadisce Sala.

Per ricordare l’anniversario, dopo la cerimonia istituzionale, ha sfilato un altro corteo, organizzato dai collettivi antagonisti. «Perchè a Brescia e a Bologna quando si ricordano le stragi di piazza della Loggia e del 2 agosto c’è un unico corteo, e a Milano questo non accade?», afferma polemicamente Carlo Arnoldi, presidente dell’Associazione familiari e vittime di piazza Fontana. «Proprio in corrispondenza con la commemorazione della strage di piazza Fontana, in questi ultimi mesi a Milano e in tutto il Paese stiamo assistendo a un pericoloso ritorno delle frange più estreme di destra. Quell’estrema destra che 48 anni fa portò paura e terrore con l’atto terroristico di piazza Fontana. Milano e l’Italia intera devono lottare con forza affinchè tutto questo non avvenga più», aggiunge Arnoldi invitando all’unità. Sul richiamo ai valori della Costituzione e all’impegno antifascista, da promuovere soprattutto fra i giovani, si è basato l’intervento di Carla Nespolo, presidente nazionale dell’Anpi. «Le organizazzioni neofasciste, razziste, xenofobe in Italia vanno messe fuori legge. Quando si è di fronte a un’idea violenta di rapporti tra le persone si è di fronte al fascismo. Istituzioni, movimenti politici e cittadini sono chiamati a prenderne le distanze».

Foto di Sara Del Dot