La sede di Twitter a New York (Fonte: Ansa/Justin Lane)

Entro le 17 di venerdì 18 novembre i dipendenti di Twitter hanno dovuto scegliere se accettare di lavorare sotto stress e fino a tardi. Cliccare su un link nella email inviata da Elon Musk valeva come conferma a voler prendere parte all’ennesima rivoluzione interna nella piattaforma di San Francisco. E mentre centinaia di dipendenti cominciano ad abbandonare l’azienda, sul social comincia a diffondersi l’hashtag #RIPTwitter, la formula che si usa quando si commemora un lutto recente, la scomparsa di una persona cara. L’atteggiamento del nuovo leader del social con l’uccellino blu non stupisce, specie alla luce dei licenziamenti improvvisi che hanno colpito i dipendenti, compresi quelli di alto livello. È il caso di Eric Frohnhoefer, developer statunitense, colpevole di avere smentito su Twitter stesso un’affermazione del magnate sudafricano.
I cambiamenti della piattaforma e le decisioni di Musk saranno messi alla prova presto: non solo il 24 novembre il magnate di Tesla dovrà presentarsi in tribunale a Francoforte per rispondere alle accuse sulla mancata rimozione di contenuti diffamatori postati sulla piattaforma, ma soprattutto in questi giorni comincia a entrare in vigore il Digital Service Act (Dsa). Il regolamento europeo, che mira a proteggere gli utenti dell’Unione dallo strapotere delle Big Tech, chiede a queste una maggiore trasparenza sugli algoritmi usati per promuovere contenuti raccomandati e sulle decisioni di moderazione applicate dalle piattaforme stesse.
§Per comprendere meglio gli impatti che Twitter versione Musk potrebbe avere sugli utenti e sull’informazione, La Sestina ha intervistato il professore Sergio Splendore, sociologo dei media ed esperto nel rapporto fra piattaforme digitali e giornalismo.

Nella mail in cui invita i dipendenti a decidere se rimanere in azienda, Musk menziona il fatto che Twitter diventerà molto più “engineering-driven”. Ci sono rischi per gli utenti?
È una bugia. Perché le piattaforme sono già engineering driven, vivono di elaborazione di dati. Tutte le piattaforme sono engineering driven, come Meta, Amazon, etc… E in tutte chi fa da padrone sono gli ingegneri, i programmatori. Ingegnerizzarle ancor di più non so cosa significhi.
Musk è un po’ un capitano di ventura, e si è affermato come un grandissimo magnate anche un po’ come uomo duro e puro. Adesso lui sta un po’ giocando su questo. Tant’è vero che ha mandato via tante persone, dice che devono lavorare tanto ma poi alcuni li ha richiamati, comprendendo che il loro lavoro era fondamentale per la piattaforma.
Fa l’innovativo, anche usando questa parola d’ordine, engineering-driven company, quando quella è già una compagnia ingegneristica. Non è che sta portando chissà quanta innovazione.
È vero che adesso c’è una contrazione in molte aziende tech. Come ha detto Zuckerberg, per la prima volta in maniera onesta, «forse abbiamo investito troppo. Abbiamo scommesso troppo post pandemia». E dunque c’è un po’ la ritirata generale, forse per colpa anche della crisi. Queste piattaforme sono energivore, cioè consumano tanta energia e ora l’energia costa tanto. Mi sembra una mossa non troppo avveniristica né tanto meno futuribile.

Pensa che una personalità forte come quella di Elon Musk possa avere un ruolo di “gatekeeper” sulle informazioni?
Non credo sia suo interesse e non credo che sia troppo produttiva come attività, quindi direi di no. Credo che cercherà di mantenere le cose che funzionano. Rispetto a revenue e profitti che crea c’è grande attenzione. Non so se vuole fare altro, se vuole cambiare Twitter che è una piattaforma di confronti, di scoperte, di conoscenza, non di produzione di sapere. Io risponderei di no. 

C’è il rischio che Musk voglia sottrarsi al Digital Service Act promulgato dall’Ue?
Il quadro legislativo elaborato dall’Ue è sempre molto difficile da applicare. Ed è ancor più difficile da applicare per questi “mostri” che sono le piattaforme. Credo che adesso il tentativo sia modificare, cambiare, fare qualcosa di differente. E in questo quadro non so quanto possa importare a Musk di questo cambiamento normativo. Forse anche Twitter si accoderà più a comportamenti di altre piattaforme che sono più potenti. Twitter comunque ha grande visibilità ma è piccolina. La tensione che sta raccogliendo la vicenda Musk mi sorprende, proprio considerando quanto è piccolina. Al di là dell’hate speech, bisogna considerare anche quanto è sana rispetto alle altre. Fa parlare tanto la politica, le gerarchie sono abbastanza evidenti: i suoi frequentatori e utilizzatori sono persone del mondo dell’informazione e del mondo politico, più che influencer di Instagram. 

Quindi il problema non viene da Twitter ma da altre piattaforme che fanno meno rumore, come Meta?
Certo. Bisogna considerare tutto il potere di Meta. Meta mette assieme i comportamenti che abbiamo su Whatsapp, quelli che abbiamo su Facebook, quelli che abbiamo su Instagram.

Indipendentemente dalla gestione che possono avere Zuckerberg con Meta e Musk con Twitter, quello che conta è il comportamento dell’utente e gli escamotage che trova.
Sì. Queste piattaforme sono fatte per intercettare la maggior parte dei bisogni delle persone che le utilizzano, anche quelli informativi. Non è interesse delle piattaforme portare le persone dentro un pensiero unico. Si cerca di dare alle persone quello che cercano, di dare informazione di qualità, intrattenimento. E quello dipende dai nostri comportamenti. L’algoritmo delle piattaforme asseconda i nostri comportamenti, le nostre ricerche.