Susanna Camusso è stata Segretario della CGIL dal 2014 al 2019 e attualmente ricopre il ruolo di Responsabile delle Politiche di genere, sempre all’interno dello stesso sindacato. Sull’anno della pandemia, in cui il 70% dei posti di lavoro persi era occupato da donne, Camusso pensa sia necessario «fare due ragionamenti. Da un lato c’è una segregazione del mercato del lavoro femminile, anche in Europa, per cui è particolarmente presente l’occupazione femminile nei settori che sono stati chiusi dalla pandemia, come il turismo. Dall’altro, in Italia questo si è verificato con un’aggravante, perché anche nei settori che hanno continuato a lavorare le donne sono le più precarie, con contratti a termine o comunque con contratti di lavoro più instabili. Questi sono i lavori che sono saltati di più durante la pandemia, nonostante il blocco dei licenziamenti. Ma al di là del Covid-19, si tratta di un problema strutturale del mercato del lavoro femminile nel nostro Paese perché le giovani sono meno occupate, sono sottoimpiegate rispetto alle loro competenze e ai loro titoli di studio.
Di blocco dei licenziamenti ha parlato proprio oggi il presidente di Confindustria Carlo Bonomi in un’intervista rilasciata al Messaggero.
Non mi stupisce che in una stagione dove crescono disoccupazione e povertà, l’unico tema che si propone da Confindustria è quello di liberalizzare i licenziamenti. C’è poco di nuovo. Così come non c’è nulla di nuovo nella logica dell’ampliare i contratti a termine, quindi aumentare l’incertezza e la temporalità del lavoro. Quello di cui abbiamo bisogno è esattamente l’opposto. Abbiamo bisogno di utilizzare le risorse delle donne, delle loro competenze, di dare sicurezza alle persone. Da molti anni l’unico problema di Confindustria è di ridurre i costi invece di aumentare la qualità.
E la qualità dovrebbe avere una retribuzione adeguata, mentre Eurostat stima un gap salariale di più del 20% tra uomini e donne.
Ci vorrebbe trasparenza nelle retribuzioni da parte delle imprese, discussione aperta con la direttiva europea sulla transparency, aperta anche nel nostro Parlamento. Il tema non è la norma della parità salariale, presente nella Costituzione e nella legge, ma che poi comunque un salario unilaterale e i percorsi di carriera determinano questa discriminazione nella retribuzione. Però oggi, marzo 2021, nel mezzo della pandemia, quando ci si domanda come far ripartire un Paese nel mezzo della difficoltà, il tema lo dividerei in due. C’è un tema di urgenza, urgenza di incrementare subito l’occupazione femminile per non lasciare che si consolidi questo arretramento che si è determinato e che peraltro coincide con uno dei grandi bisogni del Paese, come il bisogno di una pubblica amministrazione efficiente. C’è bisogno di rinsaldare e di ricolmare i buchi che si sono creati soprattutto nelle caratteristiche professionali in questo settore, c’è bisogno di fare un intervento sulla sanità pubblica a partire dalla sanità territoriale: tutte cose che se si facessero – e se si facessero rapidamente – porterebbero a un incremento dell’occupazione femminile. Così come se si realizzassero finalmente i percorsi educativi 0-6 anni che sono uno dei tanti buchi neri del nostro Paese. Certo, questo non avrebbe un effetto sulla segregazione, ma intanto si darebbe una svolta rispetto alla continua decrescita dell’occupazione femminile. Poi c’è l’altro tema che è quello di lavorare sulla discriminazione, sulla segregazione degli studi, per costruire meccanismi che siano davvero di impatto e poi di gestione rispetto a tutti i processi di sviluppo. Questi sono processi che hanno bisogno di tempo, ma vanno impostati adesso. Bisogna intanto dare una scossa al sistema.
Non mimose, ma un opuscolo sulle molestie sul luogo di lavoro. È questa l’iniziativa portata avanti oggi dalla Cgil per combattere le molestie sessuali sul posto di lavoro, che colpiscono in Italia un milione e 400 mila donne nel corso della loro vita professionale.
Sì, ma non solo, stiamo lavorando anche su altro. Nonostante il Parlamento italiano abbia ratificato in tempi abbastanza rapidi la Convenzione 190 dell’ILO (Convenzione sulla violenza e sulle molestie) nella raccomandazione che riguarda il tema delle molestie sul lavoro, non solo nei luoghi di lavoro, crediamo sia molto importante che si facciano subito i decreti che permettono poi di applicarla e quindi gli strumenti di intervento perché i luoghi di lavoro siano sicuri. Lo abbiamo chiesto nuovamente alla ministra delle Pari Opportunità perché crediamo che sia molto importante È un problema di salute e sicurezza se non si è a proprio agio sui luoghi di lavoro, se si può essere molestate, se si può utilizzare la gerarchia come arma di ricatto sessuale. Noi abbiamo degli accordi, prevalentemente con Confindustria ma non solo, che abbiamo impiegato molti anni a fare. A proposito della celerità che ogni tanto Confindustria chiede, tra l’accordo europeo e quello italiano sono passati dieci anni e non per responsabilità nostra. Quegli accordi però si scontrano con un problema culturale, ma anche pratico perché non si dedicano risorse, non ci sono figure nelle aziende a cui ci si può rivolgere. Figure che garantiscano riservatezza, che non ci siano ritorsioni nei confronti delle lavoratrici che intervengono, che permanga un atteggiamento per il quale non si crede alle lavoratrici, soprattutto quando il tema riguarda posizioni gerarchiche all’interno delle imprese. Servirebbero misure che impediscano la compresenza nei luoghi di lavoro con le persone che molestano. Qui entra in gioco tutta una cultura di sottovalutazione nel nostro Paese per cui si tende a dire “no è uno scherzo, no hai interpretato male, no ma sei sicura che il tuo comportamento non.. “.
Cosa ne pensa del fatto che il Partito Democratico non abbia scelto donne in posizioni di rilievo in questo governo?
Vorrei innanzitutto ricordare che la lista dei ministri è una responsabilità del presidente del Consiglio condivisa con il presidente della Repubblica. Complessivamente questo è un governo squilibrato, con poche donne, senza donne nei luoghi che in cui si decidono le partite vere di questo Paese, come nella gestione del recovery plan. Qualche sospetto che sia stato comodo indicare il Pd – che ha sbagliato tutto – per non parlare dell’insieme del governo io continuo ad averlo. Questo a me pare il vero problema. Poi credo che il Partito Democratico sia sempre più un partito che funziona per cooptazione e non per rappresentanza di un popolo di iscritti, di militanti: un ulteriore elemento che sfavorisce le donne.