«Grandissima angoscia e preoccupazione per la salute della democrazia italiana». È lo stato d’animo con cui Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Humans, e gli attivisti della ong stanno seguendo il caso Paragon. Luca Casarini, fondatore di Mediterranea, e altri due membri risultano tra le sette persone italiane spiate dal software Graphite, prodotto dalla società di origine israeliana Paragon Solution, ora controllato dal fondo americano di private equity Ae Industrial Solution.

«Trattandosi di un sistema altamente sofisticato di spionaggio, venduto unicamente a enti di Stato e alle forze di polizia, immaginiamo che solo un governo possa agire e usare Paragon», spiega Marmorale a La Sestina durante l’open day di Mediterranea tenutosi dal 7 al 16 febbraio a bordo della nave Mare Jonio. «Questo software serve per identificare le minacce terroristiche interne ed esterne che mettono in pericolo una democrazia. Ci chiediamo se Luca Casarini e le altre persone spiate siano davvero un pericolo per la democrazia e, a questo punto, cosa consideri un pericolo questo governo», continua la presidente della ong. «Mentre abbiamo sprecato tempo e risorse per spiare un soccorritore, un attivista e un giornalista (il direttore di Fanpage, Francesco Cancellato, è un’altra delle persone sotto attacco Paragon, ndr), abbiamo dato peso alle vere minacce per lo Stato o siamo rimasti esposti a rischi per sciatteria e incompetenza?». Secondo il quotidiano britannico Guardian, il contratto che consentiva l’uso di Paragon sul territorio italiano è stato disdetto proprio per uso improprio, ossia per lo spionaggio a danno di attivisti e giornalisti. In proposito il ministro italiano dei Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani, parlando alla Camera, ha spiegato che “Nessuno ha rescisso in questi giorni alcun contratto nei confronti dell’intelligence. Tutti i sistemi sono stati e sono pienamente operativi contro chi attenta agli interessi e alla sicurezza della nazione”, senza fornire altri dettagli su chi sarebbero i titolari del contratto rescisso che, stando allo stesso ministro, non fanno parte dell’intelligence.

Laura Marmorale all’open day sulla Mare Jonio

La Mare Jonio nei giorni dell’open day ha ospitato oltre 1300 persone di cui almeno 550 studenti, rimanendo attraccata al molo 21 del Varco Pisacane nel porto di Napoli. Il piccolo rimorchiatore, 37 metri di lunghezza per 12 di larghezza, svolge le operazioni SAR (Search and Rescue) nel Mediterraneo centrale dal 2018. Fino a oggi ha salvato la vita a più di 1300 persone e continuerà a farlo: «Le politiche del governo Meloni e della comunità europea stanno comportando un cambiamento delle rotte migratorie. Quella del Mediterraneo centrale continua a essere molto battuta, ma sta riprendendo vigore anche la rotta dell’Egeo», spiega Marmorale. A causa degli accordi che l’Italia ha siglato con la Libia (2017) e con la Tunisia (2023), le condizioni di trattenimento dei migranti nei due Paesi sono diventati insostenibili. Le conclamate violazioni dei diritti umani nei centri di detenzione libici e la brutalità delle autorità tunisine che bloccano i migranti nel deserto senza acqua, cibo e riparo, hanno spinto verso la ricerca di vie alternative.
Tra queste potrebbe esserci la rotta oceanica. «Ma per chi si imbarca dalle coste marocchine che si affacciano sull’oceano non c’è speranza: il mare è pericolosissimo e le morti sono certe», commenta la presidente. «I flussi migratori si governano, non si reprimono: dovremmo favorire vie di accesso sicure e legali in Europa. Crediamo davvero che se si potesse partire con visto dall’ambasciata, passaporto e biglietto aereo e, soprattutto, senza rischiare la vita, la gente sceglierebbe ancora il Mediterraneo o le rotte balcaniche?».