Dal boom delle europee del 2014, al crollo delle elezioni politiche. Il Pd cerca un nuovo orizzonte, ma prima di tutto un nuovo segretario. Il 17 novembre, l’Assemblea Nazionale ha dato il via al Congresso, e quindi al processo che porterà il partito alle primarie per eleggere il leader che prenderà il posto dell’ex reggente Maurizio Martina, che ha confermato la sua intenzione a  candidarsi per le prossime elezioni. A ricoprire il ruolo di presidente della Commissione è stato chiamato Gianni Del Moro, al quale spetta il compito di guidare il gruppo verso la definizione delle date e del regolamento, che dovrà poi essere ratificato dalla direzione del Pd.

«Lavoreremo a tamburo battente» ha commentato Del Moro, che ha fissato gli incontri della commissione e imposto un ritmo serrato per poter presentare già lunedì il programma completo  delle tappe verso le primarie, che dovrebbero essere programmate a fine febbraio. Sarà poi poi la direzione nazionale a dare l’ok alle regole proposte dalla Commissione, ufficializzando la loro applicazione e annunciando le date del percorso che porterà il partito a competere nelle prossime tornate elettorali. Al momento, in 7 hanno annunciato la propria intenzione a candidarsi: Nicola Zingaretti e Marco Minniti, considerati i nomi forti in lizza, Francesco Boccia, Dario Corallo, Matteo Richetti Cesare Damiano e Maurizio Martina.

Stando a quanto riporta Repubblica, l’ex segretario avrebbe già in mano il programma del tour di promozione che lo porterà in diverse città italiane per la propria campagna. Ancora fumosa la posizione di Matteo Renzi, grande assente all’Assemblea Nazionale che, intervistato a Stasera Italia, su Rete4, ha dichiarato che non si sarebbe ricandidato per le primarie.

Le decisioni che prenderà la Commissione circa il nuovo regolamento dovranno inoltre tenere conto delle richieste avanzate dai membri del partito. Nicola Zingaretti ha proposto che fosse cancellato il pagamento di due euro ai votanti ai gazebo, mentre l’ ex ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, in un tweet ha commentato: «Se nessuno ottiene il 51%, il segretario del Pd sia comunque chi ha preso più voti dagli elettori delle primarie. Solo così superiamo il rischio correntismo in assemblea». Matteo Richetti ha invece rilanciato con la richiesta di dare la possibilità agli elettori di tesserarsi online per offrire maggiore trasparenza. L’articolo 9 dello statuto del Pd stabilisce che le elezioni dovranno svolgersi in due fasi: una prima, in cui le candidature verranno sottoposte al vaglio degli iscritti, e una seconda in cui gli elettori del partito potranno esprimere la propria preferenza. Verranno quindi ammessi  all’elezione di segretario i tre candidati che abbiano raggiunto il consenso del maggior numero di iscritti “purché abbiano ottenuto almeno il cinque per cento dei voti validamente espressi e, in ogni caso, quelli che abbiano ottenuto almeno il quindici per cento dei voti validamente espressi e la medesima percentuale in almeno cinque regioni o province autonome”. Nel caso in cui nessun candidato dovesse raggiungere il 50,1% dei voti, spetterebbe all’Assemblea Nazionale stabilire il futuro leader attraverso un ballottaggio a scrutinio segreto indetto dal Presidente.