Un altro caso di diffusione di materiale top secret scuote le fondamenta del dipartimento della Difesa americano. A destare ancora più preoccupazione il fatto che a farli uscire sarebbe stato un ragazzo appena ventenne. A fornire l’identità della talpa che avrebbe diffuso i documenti compromettenti è stato il Washington Post. Con il suo nome in codice OG, il ragazzo ha pubblicato via chat su Discord, una social per gli appassionati di videogiochi, i documenti segreti trascritti, con foto e audio. A smascherarlo è un minore ascoltato dalla testata che aggiunge particolari: «OG è in forma, è forte, è armato e addestrato». Lavorerebbe in una base militare e sarebbe a capo di un gruppo di circa 25 persone, tra cui molti minorenni, «uniti dall’amore per le armi, l’abbigliamento militare e Dio». I giovani, da quanto si apprende dall’inchiesta portata avanti dal Wp, apparterrebbero a una delle tante cellule di estrema destra che molto spesso si radicalizzano proprio in ambienti digitali. L’intervista al minorenne che ha fornito l’identikit di OG è stata diffusa sui canali del Washinton Post: il volto dell’utente è oscurato ma non la voce. La prima fonte ascoltata dal Wp è poi stata rafforzata da una seconda, che ha confermato l’età del giovane. Entrambi dicono di conoscere il vero nome di Og, ma non hanno voluto dire altro ai giornalisti del Washington Post. Intanto l’Fbi indaga e il Pentagono ha avviato un’inchiesta interna per fare luce sull’accaduto.

I Leaks – Ormai sono conosciuti come i “Pentagon Leaks“, i documenti rubati al dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America, che girano in rete già da qualche settimana, ma che hanno attirato l’attenzione solo da qualche giorno quando hanno iniziato a rimbalzare sulle testate giornalistiche americane: New York Times e il Guardian per prime. A destare preoccupazione nelle agenzie di intelligence internazionali, oltre alla fuga di dati sensibili, c’è anche l’impatto che i documenti potrebbero avere sulla cooperazione tra i “Five Eyes”, l’alleanza per la condivisione dell’intelligence tra Stati Uniti, Gran Bretagna, Australia, Nuova Zelanda e Canada.

Il contenuto – La maggior parte dei documenti riguarderebbe i piani militari sulla guerra in Ucraina e la capacità del Paese di reggere la controffensiva all’invasione russa. Secondo i dossier attualmente su suolo ucraino ci sarebbero 97 soldati Nato (50 britannici, alcuni lettoni e francesi, 14 americani e 1 olandese), informazione smentita a più riprese dai funzionari dell’Alleanza e da Kiev. Il contingente non avrebbe funzioni di supporto: sempre secondo i fascicoli avrebbe la funzione di designare i bersagli per i raid aerei e missilistici o la gestione dei droni da ricognizione. I grafici e le infografiche che si vedono sui documenti mostrano l’impiego di forze stanziato dalla Nato intorno all’Ucraina su suolo e in acque europee: 92mila militari con 17 navi e 5 sottomarini nucleari con scopo di deterrenza. Per quanto riguarda la forza aerea, sarebbero pronti ad entrare in azione 4 bombardieri B-52 e 7 squadriglie di caccia, due dei quali sarebbero di generazione F-35. Per quanto riguarda le munizioni fornite alle forze ucraine, al 1 marzo sarebbero 952mila di cui 10mila rimaste che basterebbero per appena quattro giorni di guerra, con una relativa usura dei reparti di controffensiva che non garantirebbe una buona riuscita in una guerra di movimento.

L’affidabilità –  Secondo alcuni analisti i documenti sarebbero stati manomessi prima della pubblicazione in rete: negli “originali” si segnalavano più perdite russe in alcuni attacchi, mentre nei documenti diffusi venivano riportate maggiori perdite ucraine. Nello specifico si parlava di 16-17mila soldati russi caduti e 61-71mila ucraini. Informazioni che cozzano con quanto dichiarato pubblicamente lo scorso novembre da Mark Milley, Capo dello stato maggiore congiunto degli Stati Uniti, secondo cui i russi avrebbero perso più di 100mila soldati. Fonti vicine a Zelensky hanno confidato alla CNN che in ogni caso «l’Ucraina ha cambiato i piani militari».

Gli altri spiati dagli Usa – Nei documenti sottratti al Pentagono non si parla solo della guerra russoucraina: ci sarebbero informazioni su tanti altri leader alleati. Nei dossier ci sarebbero dati di spionaggio sulla Cina, la Corea, l’Egitto, l’Indo-pacifico, il Medio-oriente (in particolare Israele e i capi del Mossad) e il terrorismo islamico. Al centro ci sono questioni che riguardano la sicurezza nazionale statunitense: per questo il Pentagono all’inizio avrebbe cercato di far passare la fuga di notizie come un depistaggio, ma il crescente imbarazzo ha fatto sì che i fili della questione si facessero ancora più difficili da districare. A tirare le somme è stato il New York Times che ci ha tenuto a sottolineare come, rispetto alle volte precedenti (i casi Snowden e Assange), la quantità di leaks rubati questa volta sia minore ma più dettagliata.