La vendetta è arrivata, puntuale. A due giorni dall’attacco che aveva colpito il ponte di Kerch, che collega la Crimea occupata alla Russia, la controffensiva di Mosca scuote e riaccende il conflitto in Ucraina. La sintesi più efficace è del presidente ucraino Volodymyr Zelensky: «Stanno cercando di spazzarci via dalla faccia della terra». Era dal 28 giugno che su Kiev non suonavano le sirene dell’allerta antiaerea; adesso, il 10 ottobre, i cieli della capitale hanno ripreso a fischiare dopo più di tre mesi. Pioggia di mIssili, a tappeto. Almeno 75, di cui 41 sarebbero stati intercettati dalla difesa ucraina, come ha confermato su Telegram il capo di Stato maggiore Valeri Zaluzhny. I primi bollettini parlano di 8 morti e 24 feriti, ma il numero è destinato ad aumentare. Un missile ha colpito il centro della capitale a 2 chilometri e mezzo dal palazzo presidenziale, vicino alla sede dell’Università. L’offensiva russa non ha risparmiato neanche le città di Zaporizhzhia, Leopoli, Dnipro e Frakivsk e Sloviansk, tra le altre.  Il conflitto si infiamma, e si allarga: ora anche la Bielorussia è pronta a fare il suo ingresso in campo, dopo che il presidente Aleksandr Lukashenko ha annunciato che Minsk schiererà le sue truppe a sostegno di quelle di Mosca. L’obiettivo del Cremlino è quello di lanciare un segnale di forza dopo la recente controffensiva di Kiev nella Crimea occupata e la distruziuone del ponte che Mosca attribuisce a un’azione delle forze speciali ucraine.

La giornata – I primi sentori di rappresaglia erano arrivati già nella serata di domenica 9 ottobre, quando il presidente Vladimir Putin aveva bollato l’attacco al ponte di Crimea come un «atto terroristico da parte dei servizi speciali ucraini». Alle 8.30 di mattina, Kiev ripiomba nell’incubo. Le sirene, il fumo, le esplosioni. Le colonne di fumo che si levano dal centro cittadino, la corsa nei rifugi della metropolitana, la circolazione dei treni sospesa. Scene già viste, e che però da più di tre mesi erano sparite dalla quotidianità della capitale. Non è stato risparmiato neppure il parco giochi per bambini “Shevchenko”, anch’esso colpito dalle granate di Mosca. Il sindaco Vitali Klitschko ha chiesto ai cittadini fuori da Kiev di non entrare in città, mentre il governatore Oleksey Kuleba ha invitato la popolazione a ripararsi nei rifugi sotterranei, e attendere l’evoluzione di una situazione che potrebbe protrarsi per giorni. L’ambasciata Usa ha evacuato il personale diplomatico. Lo scenario è in rapida evoluzione e si registra fermento in tutto il Paese: secondo l’agenzia di stampa Unian, nella regione di Odessa la contraerea ucraina avrebbe abbattuto cinque droni di produzione iraniana.

Le reazioni – In tarda mattinata, il conflitto si allarga. Ufficialmente. «In relazione all’aggravamento della situazione ai confini occidentali dello Stato dell’Unione, abbiamo deciso di schierare un raggruppamento regionale della Federazione Russa e della Repubblica di Bielorussia», ha dichiarato il presidente bielorusso Lukashenko. Tradotto: la Bielorussia, che fino a questo momento aveva fornito supporto logistico alla Russia, adesso scende in campo, mentre la Moldavia convoca l’ambasciatore russo dopo che alcuni missili scagliati verso l’ucraina hanno invaso il suo spazio aereo. La Cina nel frattempo rimane alla finestra: Pechino «sostiene sempre il rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i Paesi e delle legittime preoccupazioni in materia di sicurezza che devono essere prese sul serio», ha commentato la portavoce del ministro degli Esteri, Mao Ning. Più drastica la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, che ha definito “nauseante” il bombardamento su Kiev, aggiungendo che «l’Ucraina vincerà»

Lo stallo – La recrudescenza del conflitto arriva a smuovere una situazione che durante le ultime settimane è diventata sempre più indecifrabile: dopo i molti successi ucraini, che hanno spinto Putin ad annunciare la mobilitazione parziale del 21 settembre, l’intelligence britannica ha ammesso che sul campo le truppe di Mosca starebbero riguadagnando terreno. Due giorni fa la svolta, con l’esplosione che ha danneggiato gravemente il ponte di Kerch: un’infrastruttura vitale per i russi, dal momento che collega ai suoi territori la Crimea occupata. Un’offensiva che il vicepresidente del Consiglio di sicurezza del Cremlino Dmitri Medvedev aveva definito «terroristica», tentando tuttavia di sminuirne l’impatto. Il colpo però è stato durissimo e anche i media di Mosca non avevano potuto ignorare l’ennesimo colpo al cuore dell’esercito russo. Ora le bombe, di nuovo, a riaccendere un conflitto che assai difficilmente vedrà un terreno negoziale diverso da quello del campo di battaglia.