A quattro mesi dalle elezioni europee, la mobilitazione degli agricoltori sta diventando la bandiera dei sovranisti: tutti uniti nella rabbia contro l’Europa ecologista. Proteste in Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Romania, Polonia e Ungheria. La Commissione europea, per cercare una visione condivisa, giovedì 25 gennaio ha inaugurato l’iniziativa nota come “Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura”.

Un momento di protesta dei contadini (foto: Ansa)

I “gilet verdi” in Francia – La protesta dei contadini è arrivata anche in Francia, prima potenza agricola europea. Blocchi stradali e flash mob di trattori in molte città francesi. L’estrema destra d’Oltralpe sta soffiando sul fuoco dell’agitazione contadina dopo la morte di due manifestanti – una donna e sua figlia – investite durante un blocco stradale da un armeno senza permesso di soggiorno. Tramite il leader del principale sindacato di categoria, la Fnsea, gli agricoltori francesi hanno fatto sapere che resteranno sulle strade «per tutto il tempo necessario» e finché non arriveranno da parte del governo risposte concrete alla loro «disperazione». Gli agricoltori chiedono misure d’emergenza per sostenere la loro attività e denunciano, in particolare, il basso livello dei loro redditi e gli eccessivi oneri amministrativi e burocratici a cui sarebbero sottoposti. I punti in comune con la rivolta dei gilet gialli che esplose cinque anni fa sono tanti: una protesta che nasce almeno all’inizio senza i sindacati, che evidenzia ancora una volta la frattura tra la Francia rurale e Parigi, e che si scaglia contro le misure varate per la transizione ecologica.

La Germania e gli altri Paesi – La mobilitazione non si ferma neanche in Germania. I bauern (i contadini) stanno protestando da Natale e hanno già ottenuto il ripristino degli sconti sul diesel, carburante dei loro trattatori. Continuano, però, a chiedere l’annullamento dei tagli ai sussidi (17 miliardi di euro). Su questo punto il governo Scholz tiene duro, anche perché una sentenza della Corte costituzionale costringe l’esecutivo a far rientrare il bilancio di 60 miliardi di euro. Sulla scia dei colleghi tedeschi, in Romania, Ungheria e Polonia, i contadini chiedono sgravi fiscali e maggiori aiuti pubblici. Lo scontento degli agricoltori europei deriva anche dalle conseguenze della guerra in Ucraina. Da una parte, l’Unione europea ha cercato di aiutare le esportazioni ucraine di cereali e pollame, dall’altra questi stessi prodotti sono per i mercati europei molto meno costosi a causa del conflitto in corso.

Le misure contestate – Gli agricoltori europei stanno protestando in particolare contro il piano europeo “Farm to fork”, che prevede di riconvertire entro il 2030 almeno il 25 per cento dei terreni coltivati ad agricoltura biologica, e contro la proposta, ancora in discussione al Parlamento europeo, di ridurre drasticamente l’uso di pesticidi, sempre entro il 2030. Misure necessarie affinché l’Unione europea raggiunga l’obiettivo di zero emissioni nette di CO2 entro il 2050, ma misure molto costose da mettere in campo per i singoli contadini. Le destre sovraniste si oppongono da tempo alle politiche climatiche dell’Ue e stanno cercando di ottenere consensi proprio dalla categoria degli agricoltori in vista dell’elezioni dell’europarlamento.

Il futuro dell’agricoltura – La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen è uno dei bersagli delle proteste. Il 25 gennaio von der Leyen ha lanciato l’iniziativa “Dialogo strategico sul futuro dell’agricoltura”, per cercare di creare una visione condivisa per il futuro dell’agricoltura e del sistema alimentare dell’Ue. Il tedesco Peter Strohschneider è stato nominato presidente del progetto. «Sono convinto che sia possibile bilanciare in modo ragionevole gli aspetti economici, ecologici e sociali dell’intero sistema alimentare in modo da tener conto della vasta gamma di questo settore. Non vedo l’ora di lavorare insieme a tutti i partecipanti al Dialogo strategico», ha dichiarato Strohschneider dopo la nomina.