20 Settembre 2019

di Bernardo Cianfrocca e Marco Rizza

Non capita tutti i giorni di poter ascoltare e, soprattutto, di poter parlare con il commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio. I ragazzi iscritti alla Summer School di giornalismo sportivo, organizzata dalla Scuola di Giornalismo Walter Tobagi e dall’Università Statale degli Studi di Milano, non si sono così lasciati sfuggire l’occasione di poter chiacchierare con Roberto Mancini. Intervistato da Daniele Dallera del Corriere della Sera nell’ultima giornata del corso, Mancini si è poi anche concesso alle domande e alle curiosità degli aspiranti giornalisti. L’argomento principale è stato in particolar modo il rapporto tra sportivi e mondo dei media.

«Non sopporto le falsità» – Per chi, come Mancini, è nel calcio da oltre 40 anni, il rapporto dei calciatori e dei tecnici con i giornalisti non è mai stato identico, anzi, è più volte cambiato col passare del tempo: «I primi anni in cui giocavo era più semplice coltivare legami importanti, spesso i giornalisti venivano negli spogliatoi e si creava un clima di grande cordialità». Ma se ora le società tendono a concedere meno spazi nella vita quotidiana di uno spogliatoio, ciò non comporta un’indifferenza maggiore verso le parole che arrivano dall’esterno: «Quando si è giovani, la prima cosa che si fa è andare a vedere i voti che ti hanno messo nelle pagelle il giorno dopo la partita. Crescendo si cambia e si impara ad avere più distacco, ma resta l’attenzione. Ancora oggi leggo cosa scrivono i quotidiani di me e delle squadre che alleno». E per un allenatore, ruolo che espone a opinioni e giudizi spesso altalenanti e circostanziati al risultato dell’ultima partita, la critica non è solo una conseguenza inevitabile a cui andare incontro, ma anche una possibilità ben accetta: «Le critiche, se costruttive e ben argomentate, vanno lette perché possono essere d’aiuto ma – sottolinea il mister – non si possono tollerare le falsità e chi non ha rispetto della posizione che occupi». Per questa ragione, il consiglio principale è quello di «coltivare sempre buoni rapporti, quando sarete giornalisti, con chi dovrete interfacciarvi. Sarà più semplice fare bene il vostro lavoro». Certo, se poi si riesce a ottenere la formazione in anticipo, tanto di guadagnato: «Da quando sono in Nazionale, l’unica volta che non l’ho fatta uscire è perché non l’avevo decisa neppure io. Il giorno dopo abbiamo perso e mi hanno bastonato tutti», ha scherzato Mancini, che ha affrontato senza reticenze tutte le questioni sollevate dalla platea presente, dai suoi discussi esordi come allenatore fino alle polemiche di qualche anno fa con Maurizio Sarri.

Roberto Mancini e Daniele Dallera

L’augurio finale – Nella lunga chiacchierata con Dallera e con i ragazzi iscritti al corso, Mancini ha dimostrato una profonda consapevolezza del ruolo dell’allenatore e della sua rilevanza: «Non dovete mai dimenticare che è un ruolo che comporta delle scelte, che possono generare delusione e amarezza in alcune persone. Spesso, sotto questo punto di vista, mi sono trovato in difficoltà». E la sensibilità maturata negli anni in panchina lo ha anche portato a rivalutare episodi o situazioni passate della sua carriera da (ottimo) giocatore: «Se spesso non sono stato compreso da alcuni miei vecchi allenatori? No, magari lo pensavo a quel tempo, ma crescendo capisci come sia sempre il calciatore poi a commettere un errore, anche di valutazione. Ai miei tempi c’erano tantissimi talenti, aver giocato magari meno in Nazionale è una conseguenza di quell’abbondanza». Ma, tra campo e panchina, Mancini sa di aver vissuto la vita che sognava quando, ad appena 13 anni, si trasferì dalla sua Jesi a Bologna, dove poi esordì in Serie A: «Il ricordo più bello e il più brutto della mia carriera? Ho la fortuna di aver fatto tutto quello che volevo, sia le vittorie che le sconfitte sono il frutto di un percorso scelto, perciò non butto via nulla e mi tengo tutto. Certo – aggiunge poi – spero che il ricordo più bello possa esserci il prossimo luglio. Ormai è troppo tempo che l’Italia non vince l’Europeo». Di certo non si può dire che Mancini sia scaramantico. Avere le idee chiare è sempre stata una sua qualità.

Il corso – L’incontro con Mancini e Daniele Dallera ha chiuso la Summer School di giornalismo sportivo. Coordinata dal giornalista di Rai Sport Stefano Rizzato, ha permesso a 30 ragazzi di poter conoscere trucchi, tecniche e strumenti di diverse piattaforme, dall’inchiesta alla telecronaca, passando per l’intervista, il podcast e i blog. Gli aspiranti giornalisti hanno avuto anche la possibilità di visitare gli studi della redazione di Sky Sport e di potersi interfacciare con grandi firme e volti del giornalismo nostrano, tra i quali Luigi Garlando della Gazzetta dello Sport, Matteo Marani di Sky Sport e Stefano Bizzotto di Rai Sport.