È diventato capo dell’Fbi una settimana prima dell’11 settembre ed è rimasto al comando per 12 anni sotto George W. Bush e Barack Obama. Ora indagherà sul caso più importante della politica americana che, nell’ipotesi più estrema, potrebbe far finire la carriera politica del presidente degli Stati Uniti Donald Trump: il Russiagate. Non è facile il compito di Robert S. Mueller III, nominato commissario straordinario nell’indagine sulle possibili interferenze russe nelle elezioni presidenziali dello scorso novembre e i rapporti tra l’entourage di Donald Trump con gli agenti segreti del Cremlino. Il vice ministro della Giustizia statunitense  Rod Rosenstein lo considera «un’autorità indipendente dalla normale catena di comando». E per questo alle 17:30 del 17 maggio (ore 23.30 italiane) gli ha affidato questo difficile compito. Trump ha commentato: «Un’indagine approfondita confermerà quello che già sappiamo – non c’è stata collusione tra la mia campagna e qualsiasi entità straniera. Non vedo l’ora di concludere rapidamente questa questione. Io vado avanti comunque con la mia agenda»

Gli appunti di Comey – La prima questione da chiarire riguarda l’indiscrezione pubblicata dal New York Times: Donald Trump ha davvero licenziato James Comey, successore di Mueller alla guida dell’FBI perché aveva rifiutato di chiudere le indagini su Micheal Flynn, l’ex consigliere della sicurezza nazionale accusato di aver parlato di temi sensibili con agenti russi? Il 24 maggio Comey sarà ascoltato dal Comitato di sorveglianza della Camera dei rappresentanti Usa e potrebbe portare gli appunti della conversazione avuta a febbraio con il presidente. Secondo il New York Times Comey ha l’abitudine di annotare sempre il contenuto degli incontri e anche in questo caso avrebbe scritto su carta la richiesta di insabbiare l’indagine.

 

L’ironia di Putin  –  Nell’incontro bilaterale del 17 maggio a Sochi con il presidente del Consiglio italiano Paolo Gentiloni, Vladimir Putin ha ironizzato con i giornalisti sulla vicenda: «Negli Stati Uniti c’è una schizofrenia politica. Non c’è altro modo per spiegare le accuse contro il presidente Trump. Ho parlato di questo con il mio ministro degli esteri Sergej Lavrov (presente all’incontro ndr) e Trump non ha condiviso alcun segreto con noi o con rappresentanti dei servizi segreti russi». E aggiunge mentre in prima fila Lavrov e altri membri del governo ridono: «Siamo pronti a fornire al Senato e al Congresso degli Stati Uniti la registrazione dell’incontro, ma solo con il permesso del loro governo». La dichiarazione del presidente russo lascia più di un dubbio: Putin e Lavrov avevano il permesso di registrare un incontro privato all’interno dello Studio Ovale? O l’hanno fatto di nascosto, nel luogo considerato più sicuro degli Stati Uniti in cui si parlava di temi sensibili?

Impeachment – Gli oppositori di Trump, per rimuoverlo dalla presidenza, hanno a disposizione l’arma dell’impeachment. Giovedì 18 maggio il deputato democratico Al Green presenterà la richiesta per mettere in stato d’accusa il presidente degli Stati Uniti. Per farlo, dirà che Trump ha ostacolato la giustizia chiedendo a Comey di insabbiare il Russiagate. Ma difficilmente la richiesta avrà qualche seguito. Per avviare la procedura serve la maggioranza della Camera, oggi controllata dal partito repubblicano (238 su 345). Nel caso di una rivolta dei repubblicani contro Trump servirebbero comunque i due terzi del senato, controllato anche questo dal partito repubblicano (52 su 100) per concludere la procedura di impeachment.  Finora solo due presidenti hanno subito la procedura completa. Il primo fu Andrew Jackson nel 1868, accusato di avere un atteggiamento morbido nei confronti degli stati del Sud dopo la guerra di secessione, e si salvò per un solo voto. L’ultimo Bill Clinton nel 1998, accusato di aver mentito sulla sua relazione con Monika Lewinski. La procedura di impeachment non ebbe i voti necessari per passare anche per la debolezza dell’accusa, considerata non così grave da portare alle dimissioni. Nel 1972 la sola minaccia di impeachment porto il repubblicano Richard Nixon a lasciare la presidenza a causa dello scandalo Watergate, il sistema di controllo e spionaggio illegale degli avversari democratici da parte dell’entourage del presidente per mantenere il potere. Nixon si dimise prima che il Congresso potesse votare, abbandonando la Casa Bianca su un elicottero.