Non si ferma la vendita di titoli sui mercati globali finanziari, in particolare nel settore bancario. Il crac della SVB, seguito da quello della Signature Bank crea la paura di un possibile effetto domino. Il governo statunitense mette in atto un piano per arginare le conseguenze del fallimento. Il ministro dell’Economia francese Le Maire assicura: «Nessun allarme per le banche francesi». Tra le Borse europee, Milano è la peggiore. A metà seduta l’indice perdeva il 4,5%. Il Mef segue la vicenda.

Il piano del governo americano – La Casa Bianca scende in campo per evitare che il caso SVB si trasformi in una nuova Lehman Brothers. La segretaria al Tesoro Janet Yellen ha dichiarato che «si esclude il salvataggio ma bisogna evitare il contagio». Dopo il fallimento della SVB, le autorità Usa hanno annunciato la chiusura della Signature Bank domenica 12 marzo. Banca di New York molto attiva nel settore immobiliare. Come la SVB, è una banca regionale che ha un grande impatto nell’area in cui opera. Tutti i depositi della SVB verranno rimborsati, anche quelli superiori ai 250mila dollari assicurati dalla Federal Deposit Insurance Corporation. Tutelati dunque i correntisti, ma non gli investitori. L’intervento del governo si è reso necessario. Senza la garanzia sui depositi, le imprese della Silicon Valley che hanno soldi bloccati nel fallimento non potrebbero sostenere le proprie spese, determinando licenziamenti di massa e una crisi per il settore. Secondo Goldman Sachs la banca centrale americana (la Federal Reserve) non varerà rialzi ai tassi d’interesse e agevolerà i prestiti alle banche.

La segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen (flickr)

Il fallimento – Secondo gli analisti, SVB è fallita rapidamente per via della forte esposizione su un unico settore, quello delle aziende tecnologiche della Silicon Valley. Fondata in pieno mito hi-tech dei garage della Silicon Valley negli anni 80, nel 2021 la banca gestiva la metà di tutti i fondi impiegati per finanziare le startup. Le sue risorse finanziarie ammontavano a 200 miliardi di dollari. Alla base del successo, la veloce crescita delle società tecnologiche e l’accesso agevolato al credito per le startup, con piani dedicati per chi per definizione perde soldi in fase di avvio. Come tutte le banche, SVB utilizzava il denaro depositato dai propri clienti per investirlo in obbligazioni. Il meccanismo è andato in tilt con l’aumento dell’inflazione. La banca centrale degli Stati Uniti ha aumentato i tassi d’interesse, causando la riduzione del valore degli investimenti che SVB aveva già effettuato a tassi più bassi. Il flusso di nuovi depositi è poi stato ridotto dal rallentamento dell’economia nel settore tecnologico della Silicon Valley. Questo ha causato scettiscismo nei confronti della stabilità della banca. Molti clienti avevano già iniziato a ritirare i propri fondi quando lo scorso 8 marzo la situazione è degenerata. SVB Financial Group, un ramo della banca, ha annunciato la vendita di titoli per 21 miliardi di dollari, prevedendo una perdita di circa 2 miliardi di dollari. L’idea era di rimettere in sesto i bilanci della banca, ma l’annuncio delle perdite ha creato ulteriore panico, determinando una “corsa agli sportelli” di clienti e investitori. Il governo è intervenuto il 10 marzo chiudendo la banca per tutelare i proprietari dei conti.

Le reazioni – Forte la paura di un effetto domino a livello globale. Il colosso Hsbc con sede a Londra ha rilevato la filiale britannica di SVB per 1 sterlina. L’acquisizione è stata facilitata dalla Banca d’Inghilterra per proteggere i depositi dei clienti SVB nel Regno Unito. Il Mef ha dichiarato di seguire la vicenda del fallimento con attenzione. Intanto il ministro francese Le Maire non vede rischi di contagio per le banche del paese grazie alla solidità del settore.

I precedenti del 2008 – Quello della SVB è il più grande fallimento bancario nella storia statunitense dopo la crisi del 2008 dal fallimento della Lehman Brothers. Simbolo di questo momento l’immagine dei dipendenti della banca con gli scatoloni in mano. All’origine della crisi ci furono i mutui sub prime. Il forte calo dei costi delle case danneggiò il sistema finanziario americano e travolse l’economia mondiale. Nonostante i tentativi di salvataggio messi in atto dalla politica, la crisi portò alla recessione le economie di tutto il mondo. I governi misero in pratica una serie di interventi per salvare le banche. In Europa alcuni istituti di credito vennero comprati dagli Stati, come quelle di Germania, Gran Bretagna e Paesi Bassi o finanziate da investitori privati per essere salvate.