Finalmente è a casa. C’è chi l’aspettava da ore ma solo alle 17.20 di un piovoso lunedì di maggio, Silvia Romano, la cooperante italiana sequestrata in Kenya dai terroristi di Al Shabab nel novembre 2018, è tornata tra la sua gente, nel quartiere di Casoretto a Milano. Vicini, giornalisti e cameraman l’hanno aspettata, attendendo un suo ritorno che sembrava imminente prima per le 14, poi per le 15 e infine per le 16, secondo rumors rivelatisi poi inattendibili. Una folla cresciuta con il passare delle ore che si è scoperta prima impaziente, poi quasi sconsolata e infine felice per il ritorno della figlia più attesa non solo del quartiere ma dell’intero Paese. Scortata da decine di poliziotti, Silvia, vestita con la sua tunica verde e il capo coperto, è scesa dalla macchina e si è diretta subito verso il portone di via Casoretto 1, dove abitava prima del suo sequestro insieme alla mamma Francesca e alla sorella Giulia. A chi le chiedeva se avesse intenzione di tornare presto in Africa, ha chiesto con occhi bassi: «Rispettate questo momento». Dopo 18 mesi di tempesta, è arrivato il tanto sospirato momento di quiete.

Le reazioni- Un paesone di 20 mila abitanti, capace di prendersi cura gli uni degli altri. Questa è la Casoretto che ritrova Silvia dopo 18 mesi di assenza. «Questo è un giorno di festa per tutto il quartiere, siamo contenti di riaverla tra noi», ha esultato Don Enrico Palazzoli parroco della chiesa di Santa Maria Bianca della Misericordia che ha suonato le campane a festa per l’occasione. Un momento atteso da tempo dalla gente di Casoretto, come testimoniano lo striscione lungo la via che recita: «Perdona l’umano, bentornata Silvia Romano» e i tanti biglietti attaccati al portone di casa da parte delle amiche che l’abbracciano a distanza, visto che per 14 giorni Silvia dovrà rimanere confinata secondo le disposizioni per il contenimento del coronavirus. Non si è invece mantenuto a distanza Marco Freda, un conoscente di mamma Francesca: «Appena l’ho vista scendere dalla macchina l’ho subito abbracciata. La conosco e so cosa hanno significato per lei questi 18 mesi di dolore. Sono contento per tutta la famiglia». Richiamato dalla presenza di polizia e carabinieri, che per l’arrivo di Silvia hanno bloccato l’intera via, anche l’egiziano Hosni, proprietario della vicina macelleria islamica Ellemby, ha deciso di vedere di persona il ritorno a casa di Silvia. Anzi di Aisha. «Questo è un momento di gioia per tutti, sono felice che sia tornata di nuovo tra noi».

 

Le domande- Eppure, anche il quartiere mormora. Molti si sono chiesti quanto è stato necessario pagare per il riscatto. Non sono perciò un caso i volantini, affissi davanti a un’edicola poco distante dalla casa di Silvia, dove si chiedono se sia giusto salvare una vita per metterne a rischio delle altre. Interrogativi che però non trovano udienza, perché resta grande l’affetto del quartiere verso la cooperante italiana e la sua famiglia. All’arrivo di Silvia, accompagnata dalla mamma e dalla sorella, l’intero Casoretto, sia chi era in strada sia chi era rimasto a guardare la scena dai balconi, ha applaudito, aspettando che si affacciasse al balcone. Un’invocazione puntualmente esaudita: dopo 15 minuti Silvia è apparsa dalla finestra della sua abitazione, felice, e ha ringraziato le decine di persone che a lei non hanno mai smesso di pensare, sperando in un suo ritorno durante questi 18 mesi. Finalmente è di nuovo a casa.