Mentre a Gaza continuano i combattimenti e interviene anche Papa Francesco che dichiara che ciò che sta accadendo «ha le caratteristiche di un genocidio», i missili non fermano la diplomazia. Sull’altro fronte del conflitto in Medio Oriente, sembra aprirsi uno spiraglio di pace per il popolo libanese. La bozza d’intesa per un cessate il fuoco in Libano redatta degli Stati Uniti potrebbe essere stata accetta dagli esponenti di Hezbollah. Entusiasti i media locali per la visita dell’inviato speciale Usa, Amos Hochstein, mediatore delle trattative.

Le trattative –  L’agenzia Axios ha dichiarato che gli esponenti di Hezbollah hanno risposto positivamente alla bozza d’accordo di cessate il fuoco proposta dagli Stati Uniti d’America. Con entusiasmo è stato accolta la notizia dai media libanesi che considerano questa settimana come quella decisiva per raggiungere il cessate il fuoco. L’artefice dell’accordo dovrebbe essere Amos Hochstein, braccio destro del Segretario di Stato Anthony Blinken nato a Gerusalemme da genitori ebrei. Hochstein atterrerà a Beirut nella giornata del 19 novembre, con il compito di trattare la pace con il presidente del parlamento libanese, Nabih Berri, stretto alleato del gruppo militare sciita. Il giorno seguente Hochstein si recherà a Tel Aviv per limare ulteriori dettagli con il governo israeliano. L’annuncio ufficiale dell’accordo – che se dovesse essere raggiunto sarà anche grazie all’intermediazione di Parigi –  dovrebbe arrivare il 21 novembre dal presidente Macron. La bozza dovrebbe prevedere un ritiro a nord del fiume Litani delle truppe del partito di Dio, con i caschi blu dell’Onu a garantire la sicurezza nel cuscinetto grigio tra Israele e il paese dei cedri. Nonostante i presagi di pace, Israele continua a colpire duramente il gruppo sciita: il portavoce di Hezbollah Mohammed Afif è stato ucciso in un bombardamento il 17 novembre. Hezbollah ha risposto con una pioggia di missili sulla Galiela che non hanno provocato feriti.

La parola – A Gaza intanto continua il “genocidio” isrealiano, così definito da parte dell’opinione pubblica ma anche da Papa Francesco. Il Pontefice è stato fin dai primi giorni molto critico sulla violenta escalation nei territori palestinesi ed è tornato a condannarla nel suo ultimo libro La speranza non delude mai. Pellegrini verso un mondo migliore. Nelle anticipazione rilasciate da La Stampa, il Papa si è sbilanciato: «Ciò che sta accadendo a Gaza ha le caratteristiche di un genocidio. Bisognerebbe indagare per determinare se s’inquadra nella definizione formulata da giuristi e organismi internazionali». La definizione citata da Francesco è quella di Raphael Lemkin, giurista polacco di origini ebree, adottata dall’Onu nel 1948: «Genocidio sono gli atti commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso». Il termine utilizzato dal Papa ha generato un’immediata reazione nella comunità israeliana. L’ambasciata in Vaticano ha risposto che “genocidio” è quello subito dal popolo israeliano il 7 ottobre. La comunità palestinese di Roma ha invece accolto con soddisfazione la denuncia espressa dal Papa: «Il Pontefice ha sempre espresso preoccupazione per la lunga sofferenza del popolo palestinese, invitando al rispetto delle risoluzioni delle Nazioni Unite e della legalità Internazionale».