L’ultima legge di bilancio non ha rinnovato il Fondo per il contrasto dei disturbi alimentari. Istituito nel 2021, stanziava 25 milioni di euro per il biennio 2022-2023, un importo che non verrà erogato nel 2024-2025. La somma aveva permesso di finanziare piani di intervento ad hoc per l’assistenza delle persone affette da un disturbo alimentare e di mettere in piedi programmi regionali e provinciali in tutta Italia sia di prevenzione che di trattamento delle patologie.
Il fenomeno – Sono definiti Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione (Dna) alcuni fenomeni che rendono disfunzionale il comportamento alimentare, portano il paziente a preoccuparsi eccessivamente del proprio peso e ad avere una percezione deviata della propria immagine fisica. A questo è spesso associata una scarsa autostima. Due le patologie alimentari più diffuse: anoressia nervosa e bulimia nervosa. Se non trattati, questi disturbi portano a un crollo delle capacità di alcuni organi vitali e possono compromettere il sistema cardiovascolare, gastrointestinale, endocrino e di altri apparati. Si stima che in Italia circa 3 milioni di persone convivano con una malattia di questo tipo. Il numero è cresciuto di oltre il 30% dopo la pandemia, quando in tutto il mondo si è registrato un incremento dei ricoveri pari al 48%. Il 2020 è stato un anno decisivo per mettere a fuoco l’emergenza, anche perché ha visto un abbassamento dell’età di chi si ammala, che oggi si attesta intorno agli 8-9 anni. Le donne sono nove volte più esposte degli uomini a queste patologie che, secondo l’organizzazione mondiale della sanità (Oms), sono la seconda causa di morte per le giovani tra i 12 e i 15 anni. A parità di sesso ed età, chi soffre di anoressia ha un rischio di mortalità fino a dieci volte più alto di una persona sana. In Italia, in media muoiono 4 mila persone all’anno per problemi correlati a un disturbo di tipo alimentare.
Il fondo – Come documentato dal Ministero della Salute, nei due anni appena conclusi la cifra messa a bilancio dal governo ha permesso di garantire livelli minimi di cura in ogni Regione o provincia autonoma, di investire nei sistemi di prevenzione e di formazione, di avviare progetti terapeutici specialistici in quasi tutte le regioni d’Italia, di assumere personale specializzato nei disturbi alimentari. Tra le principali figure coinvolte nel percorso di cura ci sono educatori professionali, medici nutrizionisti, specialisti di Medicina interna e Pediatria, tecnici della riabilitazione psichiatrica, assistenti sociali, fisioterapisti e operatori della riabilitazione motoria. Oggi in Italia esistono 126 strutture per il trattamento dei disturbi alimentari. Di queste, 112 rientrano nel Servizio sanitario nazionale e 14 sono gestite dalla Sanità privata accreditata. Il divario territoriale nei livelli di assistenza però resta grande. Il Sud è il più penalizzato, con 40 strutture contro le 63 del Nord Italia e le 23 del Centro. Differenze che torneranno ad accentuarsi senza un investimento nazionale.
Le associazioni – Il mancato rinnovo del fondo è stato accolto tra le proteste dalle associazioni che si occupano di disturbi alimentari. Lo spiega a La sestina Aurora Caporossi, fondatrice della onlus Animenta, tra le realtà che compongono il Movimento Lilla, organizzazione di contrasto e prevenzione delle malattie alimentari. «Siamo preoccupati – dice Caporossi – quei soldi hanno permesso di ampliare l’organico e di far partire progetti che non andranno avanti senza professionisti e senza finanziamenti alle strutture. Inoltre accrescerà il divario tra le regioni, che già oggi si muovono a macchia di leopardo e che hanno fatto fatica ad avviare programmi mirati». Il timore del mancato rinnovo dei 25 milioni di euro era nell’aria, e anche per questo gli addetti ai lavori si battono da anni, con manifestazioni di piazza, affinché l’approccio sanitario sia omogeneo e duraturo nel tempo. «Servono fondi permanenti e vincolanti – spiega Caporossi – con questi tagli molti percorsi di cura saranno interrotti». Dal 2017, i disturbi alimentari sono riconosciuti tra i Livelli essenziali di assistenza (Lea), ma solo con il fondo introdotto nel 2021 sono stati avviati interventi strutturali ed efficaci per il loro contrasto. «Chiediamo che venga riconosciuto un budget apposito all’interno dei Lea, perché solo così si potrà dare assistenza adeguata in tutta Italia. Prevenire e curare un disturbo alimentare ha costi economici e sociali elevati. Senza un finanziamento, molte persone moriranno non per malattia ma per mancanza di trattamento».