L’annuncio ufficiale dell’accordo per il cessate il fuoco a Gaza e il rilascio degli ostaggi israeliani è arrivato mercoledì 15 gennaio sera, 466° giorno di guerra, dopo alcuni giorni di trattative andate avanti più velocemente. Annunciato dal premier del Qatar, uno dei paesi mediatori, dovrebbe entrare in vigore da domenica 19 gennaio. Questa mattina, 16 gennaio, era prevista la riunione del gabinetto israeliano per ratificare la tregua, ma in una nota il premier Benyamin Netanyahu ha annunciato che sarà posticipata perché «Hamas ha rinnegato parti dell’accordo». Ha risposto l’ufficio politico di Hamas dichiarando che l’organizzazione è «impegnata a rispettare l’accordo». Il piano prevede varie fasi e si basa sul progetto presentato in primavera dal presidente americano uscente Joe Biden. Il neo eletto presidente Donald Trump, che si insedierà lunedì 20 gennaio, si è intestato la vittoria: «Questo epico accordo è stato possibile solo grazie alla mia elezione». «È uno scherzo?» ha risposto Biden ai giornalisti che gli chiedevano di chi fosse il merito.

Famiglie di soldati israeliani caduti durante la guerra di Gaza protestano contro il cessate il fuoco EPA/ABIR SULTAN
Israele divisa – L’accordo annunciato e dato per concluso dai mediatori, tra cui il governo degli Stati Uniti, è vincolato all’accettazione ufficiale da parte di Israele. Una convalida che per ora tarda ad arrivare. Se per Netanyahu lo stop dipende da una presunta ritrattazione dell’ultimo minuto da parte di Hamas, è anche vero che nelle scorse ore i ministri appartenenti all’ultra-destra conservatrice si sono detti contrari all’accordo. Tra loro ci sono il ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, noto per le sue posizioni radicali, e il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich. Con quest’ultimo il primo ministro avrebbe avuto, secondo la tv pubblica Kan citata dall’Ansa, una «lite notturna che potrebbe minare la sopravvivenza del governo». Le famiglie degli ostaggi hanno fatto sapere che «Netanyahu sarà ritenuto l’unico responsabile di qualsiasi altro ostacolo al ritorno degli ostaggi» ribadendo che «l’accordo deve essere avviato immediatamente». Nella serata di mercoledì 15 gennaio ci sono state anche manifestazioni di segno opposto, per chiedere di proseguire la guerra. Nel frattempo la compagnia aerea Lufthansa ha annunciato che riprenderà i voli per Tel Aviv dal 1 febbraio. Dall’annuncio della conclusione dei negoziati, a Gaza 73 persone sono morte in seguito ad attacchi israeliani.

Un bambino palestinese tra le macerie in seguito a un attacco aereo israeliano nel sud della Striscia di Gaza (Fonte: Epa/Mohammed Saber)
Accordo e fasi – La tregua scatterà da domenica 19 gennaio, quando saranno liberati da Hamas i primi tre ostaggi. Successivamente ne dovranno essere liberati altri 30, in cambio della scarcerazione da parte di Israele di 1200 donne e bambini palestinesi e 110 uomini condannati all’ergastolo. Israele dovrà interrompere le attività militari e ritirarsi dalle zone più popolate di Gaza, permettendo l’arrivo di almeno 600 camion umanitari al giorno. Ogni fase durerà 42 giorni, ma i contenuti della seconda fase potranno essere discussi solo trascorsi i primi 16. L’obiettivo è quello di un ritiro completo delle forze militari israeliane dalla striscia, la riconsegna di tutti gli ostaggi (98 ancora nelle mani di Hamas, di cui forse 60 ancora vivi), e la riapertura dei valichi per far tornare la popolazione civile. Il piano prevede di affidare la Striscia all’Autorità nazionale palestinese, ente parastatale che attualmente governa alcuni territori in Cisgiordania, insieme a contingenti militari internazionali di peacekeeping. Secondo le stime dell’Onu ci vorranno 14 anni solo per rimuovere le macerie e bonificare gli ordigni inesplosi. Dopo l’annuncio dell’accordo, a Gaza ci sono stati diversi festeggiamenti, ed si è diffuso un video in cui un reporter per la prima volta si toglie il casco.