Il media «più bugiardo» del 2017 è il New York Times. Parola di…Donald Trump. Il presidente americano ha assegnato i suoi – tanto annunciati – “Fake News Media Awards”, i premi per gli organi di informazione che l’anno scorso hanno detto e scritto (secondo lui) più menzogne. I risultati della “ricerca” sono stati pubblicati sul sito del partito Repubblicano, con i riferimenti alle «fake news» di cui sono accusati i diversi media.

I vincitori – «E i vincitori per le FAKE NEWS sono…». Così, il presidente Trump ha annunciato su Twitter, la sera del 17 gennaio, la pubblicazione dei risultati sulla pagina del partito. Si comincia con il New York Times, accusato di aver pubblicato un articolo del premio Nobel per l’Economia 2008, Paul Krugman, in cui, il 9 novembre 2016 – il giorno dopo le elezioni presidenziali -, aveva previsto che l’economia «non si sarebbe mai ripresa» dell’elezione di Trump. Una «bugia» che merita il primo posto. Ma ce ne è per tutti. A seguire, le emittenti Cnn – che si aggiudica in tutto 4 premi – e Abc, le riviste Time  e Newsweek e il quotidiano Washington Post.

Le fake news – Il sito del partito Repubblicano introduce così l’elenco dei premi: «Il 2017 è stato un anno di pieno di pregiudizi, copertura mediatica scorretta e vere e proprie fake news. Studi hanno dimostrato che più del 90% della copertura mediatica sul presidente Trump è stata negativa». Tra gli esempi riportati in elenco, si trovano le «imprecisioni» della Cnn nel riportare l’accesso di Donald Trump e figlio a documenti di Wikileaks. Oppure «la falsa notizia riportata in prima pagina dal New York Times di un rapporto sul clima nascosto dall’amministrazione Trump». O, ancora, «la foto postata su Twitter da un reporter del Washington Post che mostrava una platea vuota ad un rally di Trump, scattata in realtà ore prima della manifestazione».

La risposta del Nyt – Il “primo classificato” New York Times ha scritto in un articolo successivo alla pubblicazione dei risultati: «Nell’insieme, le rimostranze di Trump non sorprendono chi ha già letto in questi mesi le sue lamentele postate su Twitter». Ne analizza poi il contenuto, riconoscendo alcuni degli errori commessi dalla stampa – sempre corretti e smentiti dalle pubblicazioni stesse – o sottolineando le semplificazioni e generalizzazioni fatte dal presidente (anche il Washington Post nota come ogni errore sia stato corretto e, scrive, «è sbagliato parlare di fake news). Alla fine, il giornale evidenzia l’aspetto più controverso di tutta la questione: «Il contenuto di questa lista in 11 punti è meno importante della premessa su cui si basa: cioè un presidente che usa la sua posizione con prepotenza per sferrare un attacco semi-formale alla libertà di stampa». Mentre all’inizio quasi tutti i membri dei media americani hanno trattato l’annuncio di questa premiazione come uno scherzo, come l’ennesima boutade “trumpiana”, ora non ridono più. L’attacco alla stampa preoccupa tutti, perchè se la fiducia nel giornalismo è in costante calo, il “merito” è anche di un presidente che “formalizza” l’uso del termine “fake news” per difendersi dalle critiche dei reporters. Al punto che anche due senatori repubblicani, John McCain e Jeff Flake, hanno denunciato «gli attacchi anti-libertà di stampa» di Donald Trump.