Sotto le bombe che non si fermano, tocca alla diplomazia dare speranze di pace a un popolo esausto. È durato poco più di due ore l’atteso incontro tra il ministro degli Esteri russo, Sergeij Lavrov, e il suo omologo ucraino, Dmytro Kuleba, ad Antalya, nel sud della Turchia. Il quarto round di negoziati sale di livello, a quindici giorni dall’inizio dell’invasione, ma il cessate il fuoco sembra ancora lontano. Mentre la Russia esce ufficialmente dal Consiglio d’Europa, in mattinata a Mariupol sono arrivati nuovi bombardamenti, che hanno colpito diverse case e l’Università. Al momento non c’è alcuna comunicazione su eventuali vittime o feriti.
?????? In #Antalya, Russian Foreign Minister Sergey #Lavrov holds a meeting with Turkish Foreign Minister Mevlüt Çavu?o?lu and Ukrainian Foreign Minister Dmitry #Kuleba pic.twitter.com/tlSWBBCXuQ
— MFA Russia ?? (@mfa_russia) March 10, 2022
Le reazioni – «Abbiamo discusso di una tregua di 24 ore per permettere soccorsi umanitari, ma senza passi in avanti significativi», ha fatto sapere il capo-delegazione e ministro ucraino, Dmytro Kuleba, definendo l’incontro «difficile», ma aggiungendo che «non abbiamo alcuna intenzione di arrenderci, ,ma siamo pronti ad vederci di nuovo se ci saranno prospettive di trovare un accordo». Una versione confermata anche da Lavrov: «Noi vogliamo che l’Ucraina sia neutrale. Un accordo non c’è ancora, ma questo incontro qualcosa ha aggiunto ai negoziati dei giorni scorsi. Penso che Zelensky stia iniziando a capire». Durante la conferenza stampa a margine del negoziato, il ministro degli Esteri russo ha poi commentato la possibilità di un summit tra i due presidenti: «Putin non ha mai rifiutato un incontro, ma bisogna fare un lavoro preparatorio prima. L’Ucraina ha detto che ci darà risposte concrete, noi attendiamo». «L’operazione sta andando secondo i piani. Noi non abbiamo attaccato, ma risposto a una minaccia venutasi a creare in Ucraina. Abbiamo fatto diversi appelli, ma nessuno ci ha ascoltato» ha continuato il ministro, che non ha risparmiato una stoccata all’Europa: «Chi dona armi all’Ucraina è responsabile delle proprie azioni, potrebbero spargersi tutto il continente». La chiusura è dedicata all’ospedale pediatrico di Mariupol, bombardato ieri: «Era usato come base dal battaglione Azov, al suo interno non c’erano pazienti» è la versione di Lavrov.
Come ci siamo arrivati – Il vertice è stato preceduto nella giornata di ieri da segnali di disponibilità a trattare arrivati da entrambe le parti, e in particolare dalle parole della portavoce del ministro degli Esteri russo, Maria Zakharova: «Ci sono stati progressi nei negoziati. Noi non vogliamo occupare l’Ucraina, né tantomeno rovesciare il governo, ma piuttosto porre fine all’insensato spargimento di sangue e alla resistenza delle forze ucraine». Più specifico è stato Dmitrij Peskov, direttamente dal Cremlino. Il portavoce del presidente russo Putin ha condizionato il cessate il fuoco alla rinuncia di Kiev ad appartenere a ogni blocco “occidentale”, ovvero Nato e Unione Europea, e al riconoscimento delle due Repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel Donbass, oltre all’annessione ufficiale della Crimea alla Russia. Se queste richieste fossero soddisfatte, si arriverebbe immediatamente alla sospensione delle operazioni militari. Condizioni che però sono considerate ancora inaccettabili per Volodymyr Zelensky, che si è detto pronto a trattare sul Donbass, ma non sulla Crimea. Parole a cui ha fatto eco Ihor Zhovkva, vicecapo dello staff del presidente ucraino: «Possiamo discutere di neutralità, ma non cederemo nemmeno un centimetro del nostro territorio». Ma proprio l’apertura sulla neutralità potrebbe segnare una svolta nei negoziati per porre fine alla guerra.