La svolta va oltre le parole, o così sembrerebbe. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump potrebbe sospendere gli aiuti all’Ucraina, comprese le ultime spedizioni di armi autorizzate e pagate dall’amministrazione Biden. La decisione potrebbe arrivare oggi, scrive l’agenzia Ansa citando il New York Times che riporta il parere di funzionari anonimi statunitensi, in un incontro con il segretario di Stato Marco Rubio e quello alla Difesa Pete Hegseth. Tutto ciò il giorno dopo le dichiarazioni del portavoce di Putin Dmitry Peskov al programma Mosca.Cremlino.Putin: «La nuova politica estera Usa coincide con la nostra» e l’invasione russa dell’Ucraina continuerà «per raggiungere tutti gli obiettivi fissati fin dall’inizio». Sabato 1 marzo, sostiene Kiev, missili russi hanno colpito un campo di addestramento ucraino e provocato «diverse decine di morti e fino a un centinaio di feriti».

Dmitri Peskov, portavoce del presidente Vladimir Putin dal 2008
Le parole – La Russia, ha dichiarato Peskov, «continua il dialogo con Washington per normalizzare le relazioni bilaterali». Un avvicinamento sempre più concreto e una opposizione chiara e forte all’Europa, proprio mentre a Londra si svolgeva il vertice europeo sull’Ucraina e la difesa. Peskov, intervistato da Pavel Zarubin, giornalista molto vicino al presidente Putin e suo abituale intervistatore, ha detto che «c’è una lunga strada da percorrere, perché il danno che è stato inflitto alle nostre relazioni bilaterali è stato significativo». Con ogni probabilità il riferimento è agli ultimi venti anni di rapporti diplomatici tra i due Paesi. È significativo che l’intervista, andata in onda domenica 2 marzo sulla tv di Stato russa, fosse stata registrata mercoledì 26 gennaio. Le parole di Peskov erano riferite al fatto che al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nel giorno del terzo anniversario dell’aggressione russa all’Ucraina, Washington e Mosca avessero votato allo stesso modo su due risoluzioni sulla guerra (di cui una presentata dagli Usa che chiedeva la fine del conflitto), senza però citare Mosca come aggressore e senza far riferimento alla sovranità e alla integrità territoriale di Kiev. Alla luce del trattamento riservato venerdì 28 marzo da Donald Trump al presidente ucraino Volodymyr Zelensky nello Studio Ovale della Casa Bianca, queste parole assumono un tono ancora più forte.
Gli equilibri – Il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha parlato di un piano europeo «arrogante» e ha definito Zelensky «un puro nazista» e «un traditore del popolo ebraico». Il nemico è ora l’Europa, con Londra, Parigi e Varsavia in prima fila, e non più l’Occidente tutto. Non è detto però che questa vicinanza agli Stati Uniti possa essere accolta bene in Russia. Putin, durante il congresso dei vertici del Fsb, il servizio segreto russo, aveva parlato di «molte speranze» rispetto alla nuova amministrazione Trump e aveva mostrato la volontà «di lavorare a un ripristino dei rapporti interstatali». Ma l’opinione pubblica russa si nutre ancora di un forte antiamericanismo. Questo almeno dal 2007, quando con la conferenza di Monaco lo zar aveva annunciato un netto strappo con l’Occidente. L’opposizione interna non manca, ed è quella degli ultranazionalisti russi che temono un tranello americano. Nei popolari canali Telegram “Z” pro-Russia monta lo scetticismo: «Il prossimo presidente americano potrebbe assumere una posizione opposta. L’Europa vuole continuare la guerra e nessun Trump ci regalerà la vittoria, e neppure ce la venderà, bisogna conquistarla militarmente».