«La violenza contro le donne è un fallimento della nostra società». A dirlo è il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne che ricorre il 25 novembre di ogni anno. L’Italia – come molti altri Paesi – è ancora alle prese con una vera e propria piaga: dal gennaio 2021, sono stati registrati 109 femminicidi, l’8% in più rispetto all’anno scorso. Stando all’ultimo aggiornamento del report “Omicidi volontari”, aggiornato al 21 novembre e pubblicato online dal Viminale, 93 sono state uccise in ambito familiare/affettivo e, tra queste, 63 hanno trovato la morte per mano del partner/ex partner.

L’analisi di Mattarella –  La società, secondo Mattarella, «non è riuscita, nel percorso di liberazione compiuto dalle donne in quest’ultimo secolo, ad accettare una concezione pienamente paritaria dei rapporti di coppia». Senza mezzi termini, il presidente della Repubblica ha parlato di «numeri intollerabili», ricordando che «la nostra società è ancora pervasa, in differenti territori e in svariati contesti, da episodi di violenza, verbale, economica, fisica, frutto dell’idea, inaccettabile, che l’uomo possa prevaricare sulla donna utilizzando la forza». Una mentalità perversa radicata nella «visione distorta del rapporto tra uomo e donna». Un pensiero machista «in cui si trovano le radici di ogni forma di violenza». Per il Capo dello Stato, la soluzione al problema, annoso e capillare, va cercata nell’educazione: «Al rispetto, […] alla parità, […] all’idea che mai la forza può costituire uno strumento di dialogo». Quella auspicata da Mattarella è una strategia di difficile applicazione, le cui basi, a tal ragione, vanno poste fin dalla più tenera età: «Già nelle famiglie si deve diffondere questa educazione e poi nelle scuole, fin dalla prima infanzia», ha concluso.

Le mosse del governo – «Siamo a lavoro con le altre ministre per stilare un nuovo pacchetto di norme, in stretta sinergia, in modo da aggredire da ogni angolatura questa piaga, dalla sicurezza alla prevenzione, al sostegno anche economico delle vittime». Con queste parole, il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha annunciato un giro di vite normativo durante il convegno della Commissione parlamentare sul femminicidio, svoltosi ieri, 24 novembre, in Senato. «Occorre rafforzare soprattutto gli strumenti che ci permettono di prevenire», ha aggiunto la ministra, sottolineando che «la disciplina dell’ammonimento sulla falsa riga di quello che avviene per lo stalking significa aumento di pena e procedibilità d’ufficio». In questo caso, si fa riferimento ai delitti di percosse e lesioni nell’ambito della violenza domestica, per i quali sono all’esame anche altri provvedimenti, come per esempio l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di avvicinarsi alla vittima. Soluzioni, queste ultime, di vitale importanza, «perché troppe volte – ricorda Cartabia – la violazione di queste prescrizioni si rivela fatale per le vittime».

La giornata – Sono trascorsi 22 anni dal 1999, anno in cui le Nazioni Unite scelsero il 25 novembre per la ricorrenza della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Non fu una decisione dettata dal caso. Dietro quella data si nascondeva un episodio drammatico, che risale a 61 anni fa. Era il 25 novembre 1960 quando tre sorelle domenicane, Patria Mirabel, Minerva Mirabel e Maria Teresa Mirabel, unite dall’attivismo politico, furono stuprate, torturate e massacrate a colpi di bastone per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo.