Il Grand Tour d’Europa di Mark Zuckerberg non è certo una vacanza. Dopo la tappa tedesca a Monaco in cui è intervenuto alla Security Conference definendo Facebook come “Qualcosa a metà tra un giornale e una compagnia di telecomunicazioni”, ora gli tocca un faccia a faccia con Margrethe Vestager, il commissario europeo per la concorrenza. Sul piatto c’è la creazione di un Digital single market europeo: scopo, far restare nell’Ue i dati dei cittadini dell’unione.

Il mercato unico dei dati – La grande F ha un modello di business ormai chiarissimo: usare i dati dei suoi utenti (dentro e fuori la piattaforma) per aggregare categorie di pubblico da rivendere alle aziende per la loro pubblicità. Architrave di questo sistema sono i dati provenienti dalle cosiddette terze parti ovvero non quelli direttamente acquisiti da Facebook ma quelli raccolti e venduti da tutti gli altri siti internet. Quando quella fastidiosa scritta sull’accettare i cookie compare sullo schermo e il bottone “Accetto” viene distrattamente schiacciato, si sta fornendo a quel sito l’autorizzazione a rivendere a piattaforme come Facebook l’informazione della nostra visita a quella pagina, su cosa si è cliccato e quanto tempo è durata la visita. Secondo il piano della Vestager (aiutata da Thierry Breton, il commissario europeo al Mercato interno) questi dati, e il profitto che se ne ricava, dovrebbero restare nei confini europei e alimentare il mercato interno che attualmente vale 285 miliardi ed è nelle mani di aziende extracomunitarie.

Più tasse per tutti (i giganti) – Assieme agli anni 10 del ventunesimo secondo sono finiti anche gli anni in cui le grandi compagnie tecnologiche potevano generare profitti enormi volando sotto il radar dei regolamenti fiscali. Il nuovo piano europeo di tassazione dei giganti ha nel mirino non solo le classiche Amazon, Alphabet (Google), Apple e Facebook ma anche i giganti della comunicazione cinese come Tencent. Gli attacchi non vengono solo dal vecchio continente: l’antitrust statunitense ha ordinato la consegna dei documenti relativi a tutte le acquisizioni delle grandi compagnie mentre Google è ricorsa in appello contro la multa da 2.4 miliardi per pratiche scorrette nelle ricerche legate allo shopping. Intanto il fondatore di Facebook ha voluto dare il suo sostegno all’opera dell’Ocse dalle colonne del Financial times: “Le aziende tecnologiche dovrebbero servire la società e pertanto sosteniamo gli sforzi dell’Ocse volti a creare regole fiscali globali eque per Internet. Una buona regolamentazione delle Big Tech può danneggiare i nostri affari a breve termine ma nel lungo periodo darà benefici a tutti”.

Facebook Media company – Alla conferenza di Monaco Mark Zuckerberg ha messo bene in chiaro dove vuole posizionare il suo titano, un cambiamento radicale dal “Noi non siamo una media company” del 2016. Il fondatore vorrebbe qualcosa a metà tra un giornale e una compagnia di telecomunicazioni: la piattaforma non può disinteressarsi dei contenuti che veicola come potrebbe fare una linea telefonica ma non può essere trattata (e sanzionata) come un media tradizionale. Nuove regolamentazioni e nuove restrizioni sono benvenute per il mercato europeo se (e solo se) si riconosce la responsabilità limitata delle piattaforme.