È iniziato tutto con il giornalismo e al giornalismo è ritornato dopo esser stato sindaco di Londra e premier. Boris Johnson, a quasi un anno dalle sue dimissioni da capo del governo inglese, ha ripreso le vesti da giornalista firmando un contratto da editorialista per il Daily Mail. La parabola di una carriera interrotta dallo scandalo Partygate.

L’articolo del Daily Mirror – Era il 30 novembre 2021, il giornale Daily Mirror titolava: «Boris Johnson non ha rispettato il lockdown con dei party natalizi». Pippa Crerar, analista politica del quotidiano, riportava le accuse di una fonte: mentre Londra nel dicembre 2020 aveva restrizioni da livello “tier 3” (simile alla nostra zona rossa) il primo ministro inglese aveva partecipato a feste con il suo staff al numero 10 di Downing Street. La legge autorizzava incontri di lavoro per un massimo di sei persone con le dovute tutele come la distanza sociale e l’utilizzo delle mascherine. Il Governo rispose che erano state prese tutte le precauzioni e che non c’era stato alcun party.

Scoppia il Partygate – L’articolo del Daily Mirror riportava in particolare un evento prenatalizio che aveva avuto luogo il 18 dicembre 2020. Sia la BBC News sia il Financial Times nei giorni seguenti confermarono l’indiscrezione della Crerar arricchendola di particolari: quel giorno ci sarebbero stati anche stuzzichini, drink e giochi di società e di ruolo. La linea di Downing Street, residenza di ogni primo ministro inglese, era di negare ogni cosa o di relegare le accuse a semplici dicerie. Qualcuno però nello staff governativo non gradiva le menzogne che i diversi ministri usavano di fronte l’opinione pubblica. Il 7 dicembre 2021 l’emittente televisiva ITV News mandava in onda un breve video in cui l’allora addetta stampa di Johnson Allegra Stratton scherzava con i colleghi improvvisando una conferenza stampa. I presenti nel video, tra cui il consigliere speciale Ed Oldfield, parlavano di una festa con «vino e formaggio» e ridendo Stratton ammetteva che «questa festa immaginaria era un incontro di lavoro… e non era socialmente distanziato». L’addetta stampa si dimetteva il giorno dopo. Mentre il Governo correva ai ripari con dichiarazioni di circostanza e rassicurazioni sul rispetto delle regole, iniziarono ad arrivare segnalazioni di numerose feste e incontri informali a cui Johnson aveva partecipato.

Le feste e le indagini – Un brindisi per celebrare la spending review dell’attuale primo ministro inglese Rishi Sunak, il 25 novembre 2020. Un quiz di Natale virtuale a cui aveva partecipato anche Boris Johnson. Un party a Downing Street il 15 maggio 2020, durante il primo lockdown nazionale. Tra dicembre 2021 e gennaio 2022 il Guardian, l’Indipendent e altre testate britanniche pubblicavano nuovi scoop che coinvolgevano il leader inglese in feste organizzate mentre il Paese rispettava le norme contro il Coronavirus.

«Portatevi la bottiglia». Era la raccomandazione in calce a una mail del segretario privato di Bojo, com’è chiamato l’ex primo ministro in patria, per una festa fissata il 20 maggio 2020.

Sull’evento del 20 maggio Johnson aveva provato a scusarsi: «Pensavo fosse un evento di lavoro». L’opposizione, guidata dal leader dei laburisti Keir Starmer e dal capo degli indipendentisti scozzesi Ian Blackford, lo accusava di aver mentito alla Camera e ne chiedeva le dimissioni.

Contro il primo ministro nel frattempo si muovevano parallelamente due indagini: una interna perché richiesta dal governo e condotta dalla segretaria di gabinetto Sue Gray; un’altra dalla Metropolitan Police, ovvero Scotland Yard. La prima inchiesta a essere terminata è quella della Gray che il 31 gennaio 2021 pubblicava un report di 12 pagine dove etichettava i comportamenti del governo come «difficili da giustificare». Nelle conclusioni poi la segretaria di gabinetto si lasciava andare a un commento politico sul futuro dell’esecutivo inglese: «C’è un insegnamento significativo da trarre da questi eventi, i quali devono essere affrontati immediatamente dal governo. E per questo non è necessario attendere la conclusione delle indagini di polizia». Il report della Gray analizzava 16 incontri, su 12 di questi indagava anche Scotland Yard. A inchiesta ancora in corso la Metropolitan Police condannava Johnson e Sunak, in quel periodo ministro dell’Economia, a pagare una multa. Con loro erano state comminate altre 50 ammende.

Indagato per bugie al Parlamento – Il 21 aprile la Camera dei Comuni, la camera bassa inglese, approvava all’unanimità una mozione laburista per la costituzione di un’indagine parlamentare sulle dichiarazioni di Johnson in merito al Partygate. Il primo ministro veniva accusato di aver detto il falso di fronte ai deputati. A gestire l’inchiesta sarebbe stata la Commissione sugli Standard e i Privilegi, con 4 Tory (conservatori) e 3 componenti dell’opposizione. Questo filone parlamentare delle accuse contro Bojo si è concluso il 15 giugno 2023: l’ex leader inglese, in un documento di 108 pagine, è ritenuto colpevole di aver consapevolmente «fuorviato» il Parlamento. L’ex sindaco di Londra aveva però già anticipato la settimana prima i suoi avversari, dimettendosi e lasciando il Parlamento tra i veleni: «non avete prodotto uno straccio di prova che io abbia consapevolmente e sconsideratamente ingannato». Non è stata però l’indagine della Commissione ad averlo costretto alle dimissioni da primo ministro che sono arrivate, invece, il 7 luglio 2022.

Il caso Pincher – Qualche giorno prima infatti si era dimesso il vicecapogruppo dei conservatori alla Camera dei Comuni, Chris Pincher. I giornali inglesi avevano riportato le molestie che due uomini avevano subito dal politico in un club. Il governo era andato subito in crisi dopo che era venuto fuori che Johnson sapesse di un caso simile avvenuto anni prima, nel 2017. In pochi giorni rassegnarono le dimissioni il ministro della Sanità Sajid Javid e il cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak. Poche ore dopo uno dei vicepresidenti dei Tory Bim Afolami, addirittura in diretta tv. Per Johnson non rimaneva che abbandonare Downing Street.

Un ritorno alle origini – Dopo aver tentato senza successo di tornare in campo visto il fallimento di Liz Truss, primo ministro inglese per poco più di un mese e mezzo, Johnson lo scorso 16 giugno ha annunciato sui canali del Daily Mail di essere stato assunto come editorialista. Si parla di un compenso annuo di 600mila euro. Parlerà in modo schietto, di tutto «anche di politica ma ovviamente cercherò di farlo il meno possibile, a meno che non sia assolutamente necessario», spiega nel video.

Un inizio per Boris Johnson che sa tanto di ritorno alle origini quando nel lontano 1987 venne assunto dal The Times. Chissà se sarà un nuovo slancio per la sua carriera di politico. In ogni caso, ricordando le parole di Arnold Schwarzenegger in Terminator e che Bojo ha utilizzato per salutare il Parlamento: «Hasta la vista, baby».