Fuoco, fiamme e statue abbattute a Bruxelles, dove proprio in queste ore si tiene una riunione del Consiglio europeo. I capi di Stato dei Paesi dell’Unione devono discutere su diverse questioni di bilancio, tra cui i fondi bloccati all’Ungheria. Altra riunione quella di mille trattori che si sono schierati di fronte al Parlamento: protestano contro l’aumento dei costi e l’importazione di prodotti agricoli dall’Ucraina, oltre che contro le politiche verdi che le istituzioni europee stanno cercando di introdurre.
Le proteste — Già alle prime luci dell’alba del primo febbraio, gli agricoltori hanno invaso le arterie principali di Bruxelles. Poi, in mattinata, la protesta è arrivata fino a Place du Luxembourg, alle porte del Parlamento europeo. Qui hanno cominciato a lanciare uova e bottiglie in direzione dell’edificio, davanti al quale erano già schierate le forze di sicurezza in tenuta antisommossa, mentre qualche manifestante ha cominciato a lanciare petardi e a dare fuoco a degli pneumatici. In tarda mattinata è stata anche abbattuta una statua che raffigura John Cockerill, pioniere dell’industria siderurgica e ferroviaria del Belgio.
I compromessi — Nella giornata precedente alle proteste sono arrivate le prime misure a favore degli agricoltori. La Commissione europea, infatti, ha prorogato l’avvio di una delle misure della Pac (Politica agricola comune). È stato rimandato alla fine del 2024 l’obbligo a mantenere a maggese (cioè lasciare incolte) il 4% delle terre agricole per aiutare a ripristinare natura e biodiversità. Una decisione green che era stata fortemente criticata dagli agricoltori di tutta Europa. La Commissione europea non ha ascoltato i coltivatori per quanto riguarda le proteste contro l’import dei prodotti agricoli ucraini a basso costo: al contrario, è stata prorogata anche la sospensione dei dazi sulle derrate alimentari in arrivo da Kiev.
Le preoccupazioni — Cresce la preoccupazione per le elezioni che rinnoveranno il Parlamento europeo. In vista di giugno, i partiti di estrema destra stanno capitalizzando il malcontento degli agricoltori. Marine Le Pen, leader del partito francese Rassemblement National, ha incolpato «l’Europa di Macron», mentre il partito tedesco Alternative for Germany ha incoraggiato le proteste per chiedere che i sussidi agli agricoltori non vengano aboliti.