Oltre due milioni di vittime e perdite economiche per circa 4.300 miliardi di dollari. Queste le conseguenze dei 12mila disastri meteorologici registrati tra il 1970 e il 2021. Lo riporta l’Organizzazione mondiale della meteorologia (Wmo) nell’«Atlante della mortalità e delle perdite economiche dovute a condizioni meteorologiche, climatiche e idriche estreme». L’Atlante aggiornato al 2021 verrà presentato oggi in apertura al Congresso meteorologico mondiale quadriennale, il massimo organo decisionale della Wmo, che fa capo all’Onu.

Meno vittime, più danni per l’economia – Se tra il 1970 e il 2021 sono aumentati i danni economici dovuti a eventi meteorologici, climatici e idrici estremi, è diminuito invece il tasso di mortalità. Nell’aggiornamento dell’Atlante, i decessi registrati per il 2020 e il 2021 sono 22.608 e indicano «un’ulteriore diminuzione della mortalità rispetto alla media annuale del decennio precedente», riporta la Wmo, spiegando che questo è dovuto a un miglioramento degli allarmi precoci, «una misura di adattamento al clima comprovata ed efficace, che salva vite e fornisce un ritorno sull’investimento almeno dieci volte superiore». Il segretario generale della Wmo Petteri Taalas commenta: «Grazie agli allarmi precoci e alla gestione dei disastri, i tassi di mortalità catastrofici sono ora per fortuna storia passata. Gli allarmi precoci salvano vite». L’obiettivo Onu è di garantire l’allerta precoce per tutti entro la fine del 2027, al momento solo la metà dei Paesi ne dispone. Per il lancio dell’iniziativa nel 2023 è stato individuato un primo gruppo di 30 Paesi.

Stima dei decessi e dei danni economici per decennio (fonte: Wmo)

Paesi a confronto – Il 90% delle vittime è stato registrato in Paesi in via sviluppo. «Purtroppo le comunità più vulnerabili sono anche quelle che subiscono i maggiori disastri climatici, meteorologici e idrici», spiega Petteri Taalas. L’Asia è l’area più colpita dai disastri climatici e con più vittime, la causa principale di morte sono i cicloni tropicali. In Europa invece sono le temperature estreme, mentre le inondazioni portano le maggiori perdite economiche. Negli Stati Uniti si sono registrati i danni economici più alti, per un totale di 1.700 miliardi di dollari, dovuti soprattutto a cicloni tropicali. Oltre il 60% delle perdite economiche legata a disastri meteorologici, climatici e idrici è stato registrato in Paesi sviluppati. Tuttavia, la perdita in questi Paesi ammonta quasi sempre a meno dello 0,1% del Pil.

La soglia di 1,5° – Sempre secondo stime della Wmo, nei prossimi cinque anni le temperature globali potrebbero arrivare a livelli record per l’effetto combinato dei gas serra e del fenomeno climatico de El Niño, che periodicamente provoca un forte riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico Centro-Meridionale e Orientale. Con una probabilità del 66% la temperatura media annuale tra il 2023 e il 2027 supererà di 1 grado e mezzo i livelli preindustriali (1850-1900) per almeno un anno. Verrebbe mancato l’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura media globale sotto ai 2° Celsius. Complessivamente i prossimi cinque anni potrebbero essere i più caldi mai registrati.