Charles Michel durante il congresso del Movimento Riformatore (Fonte: Ansa Epa/Frederic Sierakowski)

L’anno delle elezioni europee si apre con lo spettro di Viktor Orbán che incombe su Bruxelles. Potrebbe infatti toccare al primo ministro ungherese prendere il comando del Consiglio europeo nella fase successiva alle consultazioni del prossimo giugno. L’attuale presidente Charles Michel, che ha annunciato che si candiderà al Parlamento, potrebbe lasciare vacante il posto qualora venisse eletto.

L’annuncio – Viktor Orbán, il più euroscettico tra i leader dei 27 Stati membri, si ritroverebbe con il compito di guidare i lavori del Consiglio europeo durante la delicata fase delle nomine dei vertici delle istituzioni comunitarie. Il liberale belga Charles Michel ha fatto sapere sabato sera che si presenterà come capolista del suo partito Movimento Riformatore alle elezioni. Poiché il mandato di parlamentare europeo è incompatibile con quello di presidente del Consiglio europeo, qualora eletto Michel dovrà rinunciare al ruolo che attualmente ricopre. I 27 capi di Stato e di governo saranno quindi chiamati a eleggere un successore, ma se non trovassero un accordo entro la data di insediamento del nuovo Parlamento europeo, il compito di guidare i lavori del Consiglio europeo spetterebbe al presidente di turno dell’Unione europea. Che, per una strana congiunzione astrale, dal 1° luglio sarà proprio quel Viktor Orbán che spesso ha ostacolato le decisioni dei 27 soprattutto per quanto riguarda il sostegno all’Ucraina e per le infrazioni allo stato di diritto.

Michel in controtendenza – È la prima volta che un presidente del Consiglio europeo in carica si candida alle elezioni. Da quando il trattato di Lisbona ha istituito la carica nel 2009, i titolari hanno sempre mantenuto l’incarico fino alla scadenza naturale del mandato (che dura due anni e mezzo ed è rinnovabile una sola volta). Così hanno fatto il belga Herman Van Rompuy, che al termine dei cinque anni si è ritirato dalla politica attiva, e il polacco Donald Tusk, oggi alla guida del suo Paese a capo di una coalizione pro europea. Charles Michel ha invece scelto una strada diversa. «Come leader europeo voglio essere responsabile del lavoro svolto negli ultimi quattro anni», ha comunicato Michel il 6 gennaio, precisando: «Eserciterò le mie funzioni di presidente del Consiglio europeo fino a quando non presterò giuramento come membro del Parlamento europeo a metà luglio». I 27 leader europei dovranno quindi eleggere un successore alla fine di giugno o all’inizio di luglio, quando prenderanno il via anche le trattative per gli altri “top job” europei: presidente della Commissione europea, presidente del Parlamento europeo e Alto rappresentante per gli affari esteri in primis.

Mario Draghi incontra Ursula von der Leyen a Bruxelles il 7 marzo 2022 (Fonte: Palazzo Chigi/Filippo Attili)

Il successore – L’uscita anticipata di Michel ha aperto le scommesse sul suo successore, che resterà in carica almeno per i primi due anni e mezzo della nuova legislatura europea. Il nome più quotato è quello di Mario Draghi che, oltre a essere stato presidente della Bce, ha anche partecipato alle riunioni del Consiglio europeo quando ricopriva il ruolo di primo ministro italiano. Il suo cursus honorum e la stima di cui gode tra i leader europei giocano a favore della sua nomina, che spianerebbe tra l’altro la strada a un bis di Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea, altra posizione per cui era stato ventilato il nome di Draghi. Tuttavia, non essendo affiliato a nessun partito, la scelta di Draghi per uno dei “top job” potrebbe sbilanciare la ripartizione delle cariche tra le tre principali forze politiche europee. Se Draghi guidasse il Consiglio europeo e von der Leyen (del Partito popolare europeo) la Commissione, a socialisti e liberali resterebbero solo l’Alto rappresentante per gli affari esteri e il presidente del Parlamento europeo. Ma la popolare Roberta Metsola, alla guida dell’Eurocamera da due anni e mezzo, non rinuncerà facilmente al suo incarico, soprattutto se alle elezioni di giugno il Ppe si confermerà prima forza in Parlamento. In questo caso socialisti e liberali dovrebbero contendersi l’unica posizione rimasta.