Le Seychelles hanno vaccinato circa il 60% dei loro 100mila abitanti. Una percentuale non così distante dalla soglia che la comunità scientifica ritiene necessaria per il raggiungimento dell’agognata immunità di gregge. Eppure nell’arcipelago la curva di contagi ha ripreso a crescere. La Bbc riporta che nella prima settimana di maggio le Seychelles contavano 500 contagi in più in tre giorni e mille casi attivi. La preoccupazione è dovuta al fatto che un terzo di chi ha contratto la Covid ha già assunto due dosi del vaccino. La maggioranza delle inoculazioni (circa il 60%) riguarda il composto Sinopharm, di origine cinese. Una vicenda simile a quella avvenuta in Cile a metà aprile, dove ad essere sotto accusa è l’altro vaccino made in China, Coronavac (Sinovac).
Paradiso amaro – La campagna vaccinale alle Seychelles è iniziata a gennaio, sotto la pressione delle aperture per il turismo. Inoltre l’arcipelago è stato di recente l’emblema del cosiddetto Workation, cioè l’utilizzo del lavoro agile da un luogo di villeggiatura per unire l’utile al dilettevole (il termine deriva dalla fusione delle parole inglesi Work e Vacation). Le Seychelles hanno invitato persone da tutto il mondo a trasferirsi sulle isole, consentendo l’accesso a chiunque mostrasse un tampone negativo con riferimento alle 72 ore precedenti. Le notizie di queste ore scombussolano i piani e il governo è corso ai ripari. Secondo la Bbc, i bambini dell’arcipelago non possono andare a scuola, chiusa per precauzione. Inoltre, sono sospese le attività sportive da due settimane e una sorta di coprifuoco è stato imposto a bar, ristoranti e negozi. Infine, alcuni raduni sono stati sospesi. Il presidente Wavel Ramkalawan ha annunciato che le restrizioni saranno rimodulate dal 24 maggio. Sei dosi di vaccino su dieci distribuite nell’arcipelago sono Sinopharm e sono state donate dagli Emirati Arabi. Le restanti quattro sono Astrazeneca.
Il precedente cileno – A metà aprile anche il Cile è finito sotto i riflettori per una vicenda simile. Santiago poteva farsi forte degli ottimi numeri della campagna vaccinale: già allora il 40% delle persone aveva ricevuto almeno una dose. Per fare un paragone: in Italia sono il 27,92% il 10 maggio, un mese più tardi. Tutto ciò non ha fermato una nuova ondata di contagi, che ha avuto il suo picco l’11 aprile 2021: un milione di casi totali, di cui 7.830 nuovi positivi e 24.400 morti. Anche il governo cileno ha imposto un coprifuoco, limitazioni alle attività all’aperto, e altre restrizioni da lockdown duro. Tra queste la possibilità di uscire a fare la spesa solo due volte a settimana e con certificato e la limitazione ai viaggi da e verso il Paese. Il 10 maggio la curva dei contagi in Cile sembra rallentare: 437 nuovi positivi in meno rispetto alle 24 ore precedenti. Il Cile ha somministrato principalmente Pfizer e Coronavac, l’altro vaccino cinese.
Il vaccino cinese tra le cause? – Dopo gli eventi cileni, si è molto discusso delle possibili cause dell’impennata dei contagi a dispetto della copertura vaccinale estesa. Si è ipotizzato una massiccia diffusione della variante “P1”, la cosiddetta variante brasiliana, che potrebbe avere oltrepassato il confine dello stato carioca fino al vicino Cile. Secondo altri, si tratterebbe di un effetto collaterale della campagna di immunizzazione stessa: l’eccessivo entusiasmo per il successo avrebbe spinto i cileni ad avere un approccio più rilassato nei confronti delle restrizioni anti-contagio. Sia per le Seychelles, sia per il Cile, i dubbi vengono rivolti anche all’efficacia delle inoculazioni. Le valutazioni di sicurezza di Sinopharm sono al 79% secondo i cinesi e dell’86% secondo gli Emirati Arabi. Le autorità dell’arcipelago non hanno fornito commenti ufficiali a riguardo. Per Sinovac la percentuale scende. Secondo una ricerca brasiliana è vicina al 50%. Secondo i turchi è relativamente alta: 83,5%. In realtà la stessa Cina ha confermato che l’efficacia di Coronavac è bassa e ipotizzano di somministrare una seconda dose con un vaccino diverso. Un mix che sperano alzi la protezione.