L’Italia si tinge di arancione. Dopo le ordinanze firmate dal ministro della Salute Roberto Speranza, restano rosse solo quattro Regioni: Campania, Puglia, Valle d’Aosta, a cui si aggiunge la Sardegna. L’isola infatti registra l’indice di contagio da Covid (Rt) più alto di tutto il Paese, che in base ai rilievi dell’Istituto Superiore di Sanità si attesta intorno a 1,54. Escluso il passaggio in zona gialla fino al 30 aprile: sarà decisiva la campagna di vaccinazione degli over 80 per procedere ad un parziale allentamento delle misure. Il 12 aprile segna anche il rientro a scuola di circa 6,5 milioni di studenti. Con l’80% del personale scolastico vaccinato, il ritorno sui banchi coinvolge i ragazzi fino alla terza media e quelli delle superiori con frequenza al 50% nelle zone arancioni. Invece in zona rossa la campanella suona in presenza solo fino alla prima media. Poco meno di due milioni restano in Dad, circa il 22% del totale.

Cosa si può fare in zona arancione – Migliora la situazione Covid in Calabria, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Toscana. Le sette regioni passano così da rosse ad arancioni, consentendo la riapertura di negozi, compresi parrucchieri e centri estetici. Consentiti gli spostamenti all’interno del comune di residenza tra le 5 e le 22. Prosegue l’asporto per bar e ristoranti. In Piemonte riaprono le scuole ma resta in rosso la provincia di Cuneo. Situazione simile in Toscana, in cui il passaggio all’arancione non coinvolge Firenze, Prato e alcuni comuni in provincia di Siena.

L’anomalia sarda – A differenza di Campania, Puglia e Valle d’Aosta, la situazione sarda rappresenta un’anomalia nel cambio dei colori. L’isola è l’unica a cambiare colore in senso peggiorativo. In poco più di un mese è passata dal bianco al rosso: in 40 giorni ha superato dello 0,29 la soglia di Rt oltre la quale scattano le limitazioni. Cosa è andato storto? Il bollettino dell’11 aprile indica un incremento di 369 casi. Il governatore Christian Solinas, in occasionedell’inaugurazione dell’hub vaccinale di Quartu Sant’Elena, è stato duro con i suoi concittadini: «Purtroppo paghiamo una diffusione virale che ha camminato sulle gambe delle persone, non dobbiamo nasconderci dietro un dito, alcuni atteggiamenti non sono stati responsabili». Assembramenti nei locali e nessun rispetto per le misure di distanziamento sociale hanno favorito la corsa del virus. Il problema è acuito dal ritardo nella campagna vaccinale. La Sardegna risulta agli ultimi posti per numero di dosi inoculate rispetto a quelle ricevute: solo il 5,51% degli abitanti dell’isola ha ricevuto la seconda somministrazione.

2.605.865 alunni delle elementari sono tornati a lezione in presenza (Ansa)

Otto studenti su dieci – Secondo le stime di Tuttoscuola, gli studenti che il 12 aprile tornano in presenza sono otto su dieci. A fronte di una copertura totale delle scuole dell’infanzia, solo 38,5% degli studenti delle scuole superiori avrà la possibilità di seguire le lezioni in presenza. Presidenti di regione e sindaci non potranno derogare alle disposizioni del decreto «tranne che in casi di natura eccezionale legati alla presenza di focolai o ad un grado estremamente elevato di rischio di diffusione del virus e delle relative varianti». «Non riapriamo nelle stesse condizioni di prima – spiega Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale dirigenti pubblici della scuola (Anp) – la situazione è migliore proprio grazie ai vaccini. Il problema è che il personale scolastico ha un’età media elevata, quindi era necessario vaccinarlo. Resta il rischio di circolazione tra gli studenti, ma non è legato solo alla scuola». Non è d’accordo il virologo Massimo Galli, primario del reparto di infettivologia dell’ospedale Sacco di Milano: «È profondamente sbagliato – ha dichiarato alla trasmissione di Rai Tre Agorànel momento in cui i bambini, necessariamente non vaccinati, li mandiamo a scuola sembra difficile che questo sia un modo per arginare l’infezione».