Sono arrivate con un post su Facebook le prime parole di Mark Zuckerberg, fondatore e capo carismatico del social network con più di due miliardi di utenti nel mondo. Dopo lunghi giorni di silenzio seguiti alla pubblicazioni delle inchieste del Guardian e del New York Times, il patron di Fb ha pubblicamente ammesso che ci sono state delle responsabilità e che gli utenti meritano di avere risposte certe sull’accaduto per poter continuare a fidarsi della piattaforma: «Abbiamo la responsabilità di proteggere i vostri dati e se non ci riusciamo non siamo degni di essere al vostro servizio. Sto lavorando per capire cosa è successo esattamente e per fare in modo che non si ripeta più».

Dati rubati per influenzare le elezioni – A meno di una settimana di distanza dalle prime rivelazioni di stampa, è un’altra testata britannica, Channel 4, a rincarare la dose contro Cambridge Analytica (Ca), la società accusata di aver trafugato e usato illecitamente i dati Facebook. In un video girato di nascosto da un giornalista sotto copertura, i responsabili della società rivelano in che modo erano in grado di inquinare le informazioni sulla rete: «Mettiamo certe informazioni nel flusso di internet e poi le osserviamo crescere. Di tanto in tanto, diamo qualche spintarella qua e là a queste informazioni e le osserviamo prendere forma. E in questo modo tutta questa roba si infiltra nella comunità di internet e si espande in forma anonima, senza che si possa risalire alla fonte, senza che si possa tracciare l’origine». Ma, soprattutto, nel video, c’è l’ammissione più grave. Aver influenzato le elezioni americane che hanno condotto alla vittoria di Donald Trump: «Siamo riusciti a mobilitare più persone negli stati chiave – gli swing states – grazie ai dati che avevamo. Trump ha perso il voto popolare, ma nei tre stati chiave ha vinto con 40 mila voti di margine. Un margine stretto, ma è così che ha vinto», spiegano gli uomini Ca. E continuano: «Vi ricordate lo slogan Defeat Croocked Hillary (sconfiggi la malvagia Hillary)? Lo abbiamo diffuso noi in rete».

Le prime class action contro Facebook – Mentre Facebook sta cercando di correre ai ripari, i primi danni per il colosso digitale sono già molto gravi. Il titolo in borsa continua a fluttuare tendendo al ribasso e si calcola che nella sola seduta di lunedì siano stati bruciati oltre 36 miliardi di dollari di capitalizzazione. Ma il gravissimo danno di immagine per Facebook non si è fatto sentire solo in borsa: la Federal Trade Commission – la commissione federale americana per la difesa dei consumatori – sta studiando il caso e ha annunciato che potrebbero partire sanzioni pari a 40 mila dollari per ogni profilo utente violato (50 milioni tutto, secondo le prime risultanze) per ogni giorno (secondo il sito the Intercept la multa in questo caso potrebbe arrivare a 2 milioni di miliardi di dollari). E mentre anche gli inserzionisti britannici minacciano di abbandonare la piattaforma social, su twitter la campagna #DeleteFacebook sta scalando la classifica dei trending topics. Peccato, però, che pochi si ricordino che un account Facebook è per sempre: tutti i dati ceduti, ormai, sono finiti negli archivi della creatura di Zuckerberg.