«L’Italia è il terzo Paese in Europa, dopo Francia e Spagna, per il consumo di pesticidi». È questa la ragione della cagionevole salute dei fiumi lombardi, che scorrono in «una delle zone con i più alti tassi di produzione agricola, non solo in Italia, ma anche in Europa». A dirlo è un gruppo di ricercatori dell’Università Statale di Milano, sulla base dei risultati di uno studio pubblicato il 6 luglio su Nature-Scientific report, che «per la prima volta analizza in modo concreto e dettagliato il livello di inquinamento delle acque superficiali e profonde». Le aree più colpite sono quelle di Treviglio e Varese: nelle acque della Roggia di Vignola il glifosato, il diserbante più usato in agricoltura, «arriva a sforare di otto volte i limiti previsti dalla legge». A inquinare le acque del Seveso e dell’Olona è invece l’Ampa, un composto legato all’evoluzione del glifosato, che si trova in concentrazioni anche «duecento volte superiori».

La ricercaCaterina La Porta, docente di patologia generale ed esperta di salute digitale, e Stefano Bocchi, professore di agronomia. Sono loro i coordinatori delle analisi condotte dagli studiosi dei dipartimenti di Scienze e politiche ambientali e di Fisica. Le indagini sono iniziate prendendo spunto dai dati Arpa del 2018 e da quelli dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. A rendere interessante lo studio non sono solo le conclusioni, ma anche gli strumenti utilizzati per ottenere i risultati: da una parte le analisi dei big data e dall’altra l’utilizzo della C. reinhardtii, un’alga che funge da biosensore. «I nostri risultati mostrano che l’esposizione per 7 giorni a quattro composti, che abbiamo trovato insieme ad alta concentrazione nelle acque superficiali, è stata in grado di indurre uno stress nelle alghe», scrivono i ricercatori. Di fronte a un potenziale pericolo, la pianta si comporta come un essere umano: «Se qualcosa non va stanno tutte vicine, si abbracciano, fanno massa critica per resistere meglio», spiega La Porta.

Il problema è il mix – Il preoccupante primato lombardo consiste dunque «nell’intenso sfruttamento dei suoli agricoli [che] si accompagna anche a un largo uso di pesticidi». Un combinazione letale, rilevata anche dalle analisi dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente. «Abbiamo fatto un’analisi quantitativa oggettiva per capire dove e quante sono esattamente queste sostanze nei fiumi del territorio – spiega La Porta – ma soprattutto abbiamo identificato quali di queste si trovano insieme». Un valore aggiunto dello studio, che ha visto impegnati i ricercatori nel tentativo di disegnare una mappa delle sostanze perniciose per l’ambiente. Sostanze che, se unite l’una all’altra, possono diventare ancora più pericolose. Un cocktail letale e illegale: basti pensare alla presenza di combinazione trovate dai ricercatori e non più consentite dalla legge, come Dichlorophenol e Metolachlor. La geolocalizzazione ha permesso di individuare le aree più colpite: rilevanti sono le concentrazioni di glifosato (impiegato per il diserbo dell’agricoltura) nella zona della Roggia Vignola, e di Ampa nel Varesotto.

Il commento – «Non sappiamo che impatto abbia sull’uomo, noi vediamo l’impatto sull’ambiente. E quando si scopre che ci sono sostanze anche 200 volte superiori ai limiti di legge qualcosa la farei». Quella di La Porta è una critica velata ai responsabili, che dovrebbero – o avrebbero dovuto – adottare strategie basate sul principio della sostenibilità. Ma, nonostante lo studio getti ombre sulla gestione politica dell’inquinamento ambientale, è rincuorante il fatto che lo stesso possa fornire una metodologia efficace per individuare e studiare gli effetti devastante dei mix di inquinanti. «Tutto questo si inquadra nella grande tematica della sostenibilità ambientale – conclude Stefano Bocchi – e continua la necessità di proseguire con la ricerca che possa portare a tecniche alternative più sostenibili anche nell’agricoltura».