«Mi sembrava che il presidente del Consiglio non fosse convinto. La mia fissazione restava la necessità di una zona rossa a Nembro e Alzano». Ha detto così Giovanni Rezza, ex direttore Malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità (Iss), ai giudici di Bergamo che lo hanno ascoltato a giugno 2020. Il contesto della sua testimonianza, appena resa nota, è quello della gestione dell’emergenza Covid-19 per cui sono indagati l’ex primo ministro Giuseppe Conte, l’ex ministro della Salute Roberto Speranza e altre 17 persone. La testimonianza di Rezza si riferisce a una riunione del 6 marzo 2020. Tre giorni dopo tutta l’Italia sarebbe stata in lockdown.

La colonna di camion militari carichi di bare lascia Bergamo, 19 marzo 2020.
(ANSA/ Fabio Conti)

Chi sapeva di Alzano e Nembro? – Il punto chiave delle indagini della Procura di Bergamo è proprio la chiusura, mai ordinata, dei Comuni lombardi di Alzano e Nembro nei primi giorni di marzo 2020. Andrea Crisanti, microbiologo, senatore del Pd e consulente della procura, ha scritto in una relazione che Conte e Speranza erano a conoscenza del dilagare del virus in Val Seriana già il 2 marzo 2020. Speranza, però, ha dichiarato di averlo saputo solo due giorni più tardi e di aver chiesto approfondimenti. Conte ha negato di esserne stato al corrente prima del 5 marzo 2020. 

La bozza – Il 5 marzo Speranza ha ricevuto una nota di Silvio Brusaferro, presidente dell’Iss a sua volta indagato, e ha firmato una bozza di decreto per istituire la zona rossa ad Alzano e Nembro, sulla falsa riga di quanto già deciso per il lodigiano. Conte, però, non ha mai contro-firmato il documento. Il giorno successivo, secondo Rezza, era ancora titubante. Crisanti ha attribuito questa indecisione al «costo sociale, politico ed economico molto elevato» di chiudere una zona ad alta concentrazione di attività. Secondo i suoi calcoli, la mancata chiusura ha causato circa 4mila morti «evitabili». In più, Conte ha dichiarato di non aver mai ricevuto nessuna richiesta formale, per l’introduzione della zona rossa, dal presidente della Lombardia Attilio Fontana (indagato). Fontana, però, ha dato un’altra versione dei fatti: «Noi credevamo nella realizzazione della zona rossa; se poi sarebbe stata utile non lo so dire, però a Codogno aveva funzionato. La nostra proposta è stata quella di istituire la zona rossa». Il presidente della Lombardia ha blindato la gestione della pandemia: «Credo sia stato fatto tutto quello che, sulla base dell’esperienza e della conoscenza che avevamo, andava fatto».

Andrea Crisanti durante il programma tv della Rai Mezz’ora in Più del 5 marzo 2023. (ANSA/ANGELO CARCONI)

La televisione – A gettare ancora benzina sul fuoco sono arrivate anche le parole di Crisanti a Mezz’ora in più (Rai 3) di domenica 5 marzo 2023. «Chiudere gli occhi a un disastro significa aprire la strada a un altro disastro» ha detto. «È incontrovertibile che Paesi come la Corea del Sud, il Giappone, l’Australia, la Nuova Zelanda e il Vietnam hanno fatto benissimo. Allora c’è da chiedersi: perché questi hanno fatto così bene e noi così male?». Le sue dichiarazioni non sono passate inosservate. Fontana le ha derubricate a «illazioni di uno che, come l’aveva definito Giorgio Palù (presidente dell’Aifa, ndr), è un microbiologo esperto di insetti». Il suo avvocato ha chiesto alla procura di Bergamo di diffidare Crisanti dal fare altri interventi in televisione.