Il Piano nazionale ripresa e resilienza (Pnrr), dopo essere stato impugnato da Matteo Renzi per innescare la crisi di governo, allarma anche i tecnici del Parlamento. II Servizio studi e bilancio di Camera e Senato, nell’esaminare la bozza approvata lo scorso 12 gennaio dal Consiglio dei Ministri, hanno rilevato che «l’importo degli interventi riconducibili al Recovery and Resilience Facility (il cosiddetto Recovery Fund, Ndr), pari a 223,9 miliardi, eccede di 14,45 miliardi l’ammontare complessivo delle risorse europee spettanti all’Italia nell’ambito di tale dispositivo, pari a 209,5 miliardi». I progetti presentati dal Governo, quindi, prevedono una spesa più alta dei fondi messi a disposizione dall’Unione Europea.

Le motivazioni – Nel documento presentato dal Governo si ammette che le risorse programmate «sono superiori a quelle assegnate» all’Italia, motivando tale eccedenza con due considerazioni. La prima è che «la possibilità che una parte degli interventi sia finanziata da risorse private genererebbe un effetto leva che ridurrebbe l’impatto sui saldi della Pubbica Amministrazione». La seconda è «l’opportunità di sottoporre al vaglio di ammissibilità della Commissione europea un portafoglio di progetti più ampio di quello finanziabile, per costituire un “margine di sicurezza”».

I possibili scenari – Secondo i tecnici di Camera e Senato, in ogni caso, si aprono due possibili scenari. Il primo ipotizza la bocciatura da parte della Commissione europea di alcuni dei progetti presentati, per un importo pari al margine aggiuntivo di 14,4 miliardi. In tal caso, andrebbero chiarite le intenzioni del Governo riguardo la loro realizzazione, che comporterebbe «la potenziale esposizione a un deficit aggiuntivo rispetto a quello incluso nel quadro programmatico della Nadef (nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza, Ndr)» e, di conseguenza, il reperimento «di fonti di finanziamento aggiuntive per 14,4 miliardi a carico delle prossime manovre di finanza pubblica». In caso contrario, ossia di una totale rinuncia agli interventi in eccesso, «il Piano presenterebbe un margine di indeterminazione, in quanto includerebbe una parte di opere che non verrebbero realizzate ovvero la cui individuazione e realizzazione sarebbe rinviata a una fase successiva», si legge nel documento tecnico. Il secondo scenario prevede che tutti i progetti vengano accettati dalla Commissione, ma il Governo dovrebbe comunque «valutare se rinunciare “spontaneamente” alla realizzazione di alcuni degli interventi inclusi nel Piano e ammessi al finanziamento o attivare tutte le opere, in modo da avere maggiori opportunità di realizzare la spesa nei tempi previsti e ottenere conseguentemente le risorse europee».

Le modifiche – Lo sforamento individuato dagli uffici tecnici è emerso in seguito alla rielaborazione della bozza del Pnrr eseguita a fine dicembre in seguito alle numerose critiche rispetto alla sua inadeguatezza da parte di Matteo Renzi e, in minor misura, da altre forze politiche della maggioranza. Le modifiche apportate, che hanno parzialmente accolto le richieste avanzate, hanno portato all’aumento significativo di alcune voci di spesa, reso possibile oltre che dai maggiori fondi, dal taglio di diversi microbonus e da alcune sovrapposizioni. I campi maggiormente interessati sono sanità, politiche attive del lavoro, istruzione e ricerca, infrastrutture sociali, alta velocità e giustizia.