Nell’Italia che si tinge di giallo tornano a suonare le campanelle delle scuole superiori. In quasi tutta la Penisola il 1 di febbraio riprende la didattica in presenza per gli istituti di secondo grado. In totale, sono circa 8 milioni gli studenti che torneranno a studiare in aula. Medie ed elementari erano state riaperte quasi ovunque il mese scorso (7 gennaio la data ufficiale, posticipata però da alcune regioni). Resta indietro solo la Sicilia, ancora in zona arancione, che prevede il rientro l’8 febbraio. Lazio, Molise, Piemonte, Emilia e Lombardia avevano già ripreso nelle scorse settimane.
Non sarà un ritorno alla normalità, ma un primo passo. Nella maggior parte delle regioni la capienza delle aule sarà ridotta e resteranno disponibili soluzioni di didattica integrata – con parte della classe in presenza e parte che segue da remoto. Adottate misure per evitare assembramenti durante le fasi di ingresso, come a Trieste. In alcune zone della Sardegna modificati gli orari degli istituti per evitare l’uscita in contemporanea dalle scuole con conseguente sovraffollamento dei mezzi pubblici.

Il Sud – Molto caute le regioni del Sud Italia, che scelgono di adottare l’approccio proposto dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano: aule piene per metà e totale libertà per le famiglie degli alunni di scegliere se proseguire con un percorso al 100% da remoto. Oltre alla Puglia, ancora zona arancione, anche Calabria e Campania si accodano ad una riapertura frenata. Per il momento, come scrive il sito Orizzontescuola, circa un quarto gli studenti ha scelto di andare in presenza a questo primo giorno di scuola nel capoluogo pugliese. Situazione simile al Pansini di Napoli.

Approcci diversi – Più zelante il Veneto di Luca Zaia, che già prevede un ritorno al 75% di presenza per la fine di febbraio, forte di un piano trasporti da 6 milioni di euro al mese. Resta comunque aperta la possibilità di richiedere la didattica a distanza per gli «studenti fragili», quelli già affetti da malattie. Molte le eccezioni locali. In Lombardia, dove le scuole sono aperte dal 25 gennaio, alcuni istituti hanno scelto di restare chiusi. Ciò ha provocato uno scontro con la dirigente dell’Ufficio scolastico rregionale Augusta Celada, che spinge per una «ripresa il più possibile rapida», come riporta il Fatto Quotidiano. Anche in alcuni comuni campani come Ottaviano e Torre Annunziata, i sindaci hanno deciso di posticipare le riaperture.

Misure straordinarie – Le criticità maggiori sono quelle che riguardano i trasporti. In Friuli a partire da oggi ci saranno 700 nuove corse giornaliere degli autobus e quattro dei treni. In Sardegna sono 250 i nuovi bus, mentre in Veneto addirittura 683. Misure necessarie data la riduzione al 50% della capacità dei mezzi. Proseguono anche i progetti di screening dell’intera comunità scolastica. In Piemonte fino al 31 marzo il personale, docente e non, potrà partecipare alla campagna per i tamponi rapidi. Al liceo Zucchi di Monza invece si procederà a un controllo completo degli studenti grazie ad un accordo con un centro per i tamponi, che li fornirà ad un prezzo calmierato.

Proteste – Ma non tutti sono contenti della riapertura. Nella scorsa settimana a Roma erano state diverse le manifestazioni per chiedere al Ministero di ascoltare le richieste degli studenti per tornare a scuola in sicurezza. Oggi in Campania e in Veneto diverse scuole hanno scioperato, con sit in improvvisati sulle scale di circa 40 Istituti: nel mirino la scarsa chiarezza delle istituzioni, colpevoli a detta degli studenti di non aver emanato direttive chiare e di non essere in grado di assicurare la didattica a distanza in maniera ottimale. Al centro delle proteste a Napoli anche i trasporti, in «condizioni pessime» secondo gli studenti del Vittorini, che oggi si sono rifiutati di entrare a scuola.

Foto in evidenza: ANSA