La campagna vaccinale in Italia va a rilento. Non ci sono abbastanza dosi, le regioni non si muovono ancora in maniera uniforme, non immunizziamo abbastanza anziani. Mentre Johnson & Johnson è ancora bloccato e permangono le incertezze relative ad AstraZeneca, il 14 aprile è arrivata la buona notizia dell’arrivo in tempi brevi di 6.8 milioni di dosi aggiuntive da parte di Pfizer. Che da sole però non bastano a garantire gli obiettivi prefissati, in primis le 500.000 vaccinazioni al giorno promesse dal Commissario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo.

La corsa all’immunizzazione – Saranno 670.000 a fine aprile, poi 2.15 milioni a maggio e quattro milioni a giugno le dosi del vaccino Pfizer. Si andranno ad aggiungere agli oltre 52 milioni già previsti dalla tabella del 3 marzo stilata dal ministero della Salute. Finora, dei 17 milioni di dosi distribuite – quasi 12 milioni di Pfizer, 1.3 di Moderna e 4 di Astrazeneca – sono state eseguite quasi 14 milioni di somministrazioni e quattro milioni di italiani hanno già ricevuto la seconda dose. Tra questi ultimi, il 50% dei novantenni, il 40% degli over 80 e il 3,1% delle persone comprese nella fascia di età tra i 70 e i 79. Quest’ultimo è  il dato più basso rispetto ai principali paesi d’Europa. In un sondaggio condotto una settimana fa da You Trend, solo il 10% di italiani in questa fascia aveva ricevuto almeno una dose, mentre la Francia è al 44,5%. Questo per tre motivi: in principio il vaccino AstraZeneca era consigliato solo agli under 65, il governo non ha fornito criteri trasparenti e uniformi e le regioni godono di una forte autonomia che in alcuni casi non ha portato ai risultati sperati. Si sono pertanto creati due binari paralleli di vaccinazioni: anziani e categorie fragili, da una parte, categorie professionali, più o meno a rischio, dall’altra. Con il risultato che a inizio marzo più di un quinto delle persone vaccinate apparteneva a questo secondo gruppo e che a oggi le persone vaccinate tra i 50 e i 59 anni sono 1.904.262, quelle tra i 70 e i 79 1.901.538.

Percorso a ostacoli – Secondo il commissario all’emergenza Figliuolo siamo giunti però al tanto atteso (e per ora disatteso, dicono i numeri) cambio di passo. Dovevano essere 500.000 le somministrazioni al giorno entro il 20 aprile, per ora si viaggia al ritmo di 300/350.000 e, grazie alle dosi aggiuntive di Pfizer, si toccherà forse per un giorno la quota del mezzo milione. L’obiettivo è di immunizzare il 30% della popolazione entro i prossimi tre mesi, il 70% entro settembre. Ci sono però due incognite, dai nomi ben precisi: AstraZeneca e Johnson & Johnson.
Nel prossimo trimestre dalle due case farmaceutiche l’Italia attende 17 milioni di dosi. Il vaccino di Oxford ha consegnato finora un decimo delle dosi pattuite e la sua somministrazione è stata compromessa dai guai relativi ai “possibili” casi di trombosi conseguenti alla sua iniezione. Nonostante, come ripetuto più volte dall’Ema, i benefici superino di gran lunga i rischi, la Danimarca ha già deciso di interromperne definitivamente la distribuzione e in alcune regioni italiane la sfiducia conseguente al blocco temporaneo tra il 15 e il 18 marzo ha portato ha un record di disdette: in Lombardia il 18% (dato però smentito dall’assessora al welfare Moratti), in Sicilia il 70%.
L’azienda Johnson & Johnson ha deciso invece in autonomia di sospendere le forniture destinate all’Europa (180.000 all’Italia, bloccate a Porto di mare) dopo che si sono verificati sei casi di trombosi su oltre 7 milioni di vaccinazioni negli Stati Uniti. Il Cdc e la Fda, le due principali autorità regolatorie statunitensi, avrebbero dovuto dare un primo responso il 15 aprile, ma hanno annunciato un ulteriore slittamento di 7-10 giorni per eseguire nuovi test. Nello stesso lasso di tempo dovrebbe arrivare anche un giudizio dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, che però una decisione, piuttosto indicativa, l’ha già presa: nel 2022, come anticipato dalla Stampa, verranno rescissi i contratti con AstraZeneca e Johnson & Johnson, mentre saranno rinnovati quelli con Moderna e Pfizer fino al 2023: «L’Unione cerca la strada dell’autonomia sulla produzione dei vaccini con un partner affidabile, che ha mantenuto i suoi impegni ed è sensibile ai nostri bisogni», ha dichiarato la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen.