«Con l’Ue non abbiamo nessuno obbligo». Con queste parole il Ceo di AstraZeneca Pascal Soriot ha fatto infuriare Bruxelles. Tanto che l’Ue ha chiesto alla casa farmaceutica di «svincolare il contratto dalla clausola di segretezza», rendendolo pubblico. Al centro della disputa ci sono le 400 milioni di dosi vaccinali anti-Covid che AstraZeneca dovrebbe provvedere a creare e distribuire ai Paesi europei. La multinazionale, però, è ora sotto accusa per i ritardi nelle consegne, dovuti secondo l’Ue alla precedenza data al Regno Unito.

Le accuse – Il calo delle consegne delle dosi è tra le accuse che l’Unione Europea ha lanciato alla casa farmaceutica: «Nel primo trimestre AstraZeneca avrebbe dovuto fare consegne a tre cifre in Ue, ma ha ridotto ad un quarto di quello che avrebbe dovuto consegnare. Questo è inaccettabile». L’azienda è stata definita da fonti Ue «incoerente» e non chiara «su quanto accadrà nei mesi a venire». Nemmeno «il massimo sforzo possibile» assicurato da Soriot ha tranquillizzato Bruxelles: «Gli sviluppatori dei vaccini hanno obblighi morali e contrattuali, il “massimo sforzo possibile”, non è né accettabile né corretto: abbiamo firmato un contratto di pre-acquisto per far sì che producessero determinati volumi di vaccini prima dell’autorizzazione dell’Ema – ha commentato la commissaria alla Salute Stella Kyriakides – La logica era che l’azienda si legasse ad un impegno vincolante, mentre noi abbiamo assunto il rischio che se non ci fosse stata autorizzazione, avremmo fatto un investimento in perdita». Un investimento di 336 milioni destinati alla produzione del vaccino e rivendicati dall’Ue: «Sono soldi dei contribuenti europei, AstraZeneca produca per noi».

Stella Kyriakides, commissaria alla salute Ue (foto/ANSA)

La produzione – I dubbi dell’Ue sull’operato di AstraZeneca non si fermano alla consegna delle dosi, ma anche alla loro produzione. Se infatti la filiera europea sembra essersi inceppata, quella britannica procede spedita. Per questo fonti europee hanno precisato che non è previsto che la produzione delle dosi per l’Ue sia limitata alla fabbrica in Belgio, ma può avvenire anche nel Regno Unito, da poco uscito dall’Unione. La commissaria alla Salute Kyriakides ha quindi incalzato: «Non c’è una gerarchia negli impianti di produzione: non c’è differenza tra quelli europei e quelli del Regno Unito. Anche quelli del Regno Unito sono parte dell’accordo di pre-acquisto e quindi devono consegnarci le dosi». Dalla stampa britannica si è sollevata la protesta: «Giù le mani dalle nostre dosi» è il messaggio comune dei tabloid, che hanno ricordato come il governo Johnson abbia firmato il proprio contratto di prenotazione dei vaccini tre mesi prima di Bruxelles. «Rigettiamo la logica del “chi arriva prima”, non c’è clausola di priorità nel contratto di pre-acquisto» è stato più volte dichiarato dalla commissaria alla Salute Ue.

La riunione – Alla ricerca di «una buona soluzione» tra le parti, Stella Kyriakides ha convocato il 27 gennaio una riunione tra il comitato direttivo Ue sui vaccini e AstraZenca. «Scambio costruttivo – ha twittato al termine la commissaria – L’Ue rimane unita e ferma». «Ci siamo impegnati in un coordinamento ancora più stretto. Continuiamo i nostri sforzi per portare questo vaccino a milioni di europei senza scopo di lucro», è stata la risposta in una nota di un portavoce della casa farmaceutica.

Pfizer – Anche attorno a Pfizer non si placano le polemiche per i presunti tagli della fornitura di fiale di vaccino anti Covid. A cui si è aggiunta l’indignazione dell’Ue per le 200 milioni di dosi che verranno consegnate agli Usa con 2 mesi di anticipo. «Questo grazie alla scoperta che ogni fiala del prodotto contiene circa 6 dosi, ossia una in più rispetto alle 5 previste per fiala», ha spiegato l’ad Albert Bourla a Bloomberg. Perché ciò sia possibile, però, sono necessari particolari aghi, non disponibili in tutti i Paesi. La scoperta non ha fatto felice la Svezia che ha deciso di sospendere i pagamenti alla casa farmaceutica. «È inaccettabile. Se un Paese ha la possibilità di ricevere solo cinque dosi, ha ricevuto meno dosi allo stesso prezzo», ha affermato il coordinatore svedese per i vaccini Richard Bergström al giornale Dagens Nyheter. L’Italia, intanto, ha minacciato di fare causa all’azienda per i ritardi nella consegna delle dosi. Pronta la risposta dell’ad Kerkola dalle pagine di Repubblica: «Pfizer non favorisce gli Usa. Da questa settimana le consegne torneranno regolari. L’Italia avrà le sue fiale anche se dovesse farci causa». A Päiki Kerkola è stato chiesto anche di spiegare la logica dietro la scelta di differenziare il prezzo di vendita da Paese a Paese: «I nostri prezzi rimangono riservati. Sono però basati su principi di volumi, equità e accesso».