Ennesima giravolta sui vaccini anti Covid. Ennesima controindicazione che spiazza autorità e cittadini, sempre più incerti. Da una parte, sotto impulso del Comitato tecnico scientifico (Cts), ministero della Sanità, Aifa e il Commissario straordinario Francesco Paolo Figliuolo raccomandano un intervallo di 42 giorni tra la prima e la seconda dose del vaccino prodotto da Pfizer-BioNtech. Dall’altra, dall’azienda consigliano di attenersi all’intervallo sperimentato nei trial, tre settimane, che garantisce il 95% di protezione.

La decisione – La motivazione alla base di questa scelta risiede nella necessità di immunizzare, anche se parzialmente, il maggior numero di persone possibile. «La prima somministrazione conferisce già efficace protezione rispetto allo sviluppo di patologia COVID-19 grave in un’elevata percentuale di casi (maggiore dell’80%)», si legge nel verbale del 30 aprile del Cts. E che ha portato il ministero della Salute, tramite una circolare del 5 maggio, a consigliare alle regioni di ritardare di tre settimane l’iniezione della seconda dose del siero di Pfizer, da 21 a 42 giorni. Piemonte, Toscana, Liguria, Campania, Emilia-Romagna e Lazio hanno già iniziato a estendere l’intervallo tra la prima e la seconda dose dei vaccini Pfizer-BioNTech e Moderna. Nel Lazio, per esempio, dal 17 maggio il richiamo avverrà dopo 35 giorni, e lo slittamento verrà comunicato tramite Sms al diretto interessato.

Gli esperti – «È una valutazione del Cts, osserveremo quello che succede. Come Pfizer dico però di attenersi a quello che è emerso dagli studi scientifici perché questo garantisce i risultati che hanno permesso l’autorizzazione», ha contestato Valeria Marino, direttore medico di Pfizer Italia martedì 11 maggio. Due giorni dopo, sul Corriere della Sera, Giorgio Palù, presidente dell’Aifa, le risponde affermando che il posponimento della seconda dose «non è un suggerimento, ma un’indicazione on label, riportata sulla scheda di accompagnamento del farmaco. Un’industria non può dettare scelte che dipendono dagli enti regolatori e che vengono prese alla base anche dei risultati osservati sul campo».

Gli studi – Il riferimento di Palù è a Stati Uniti e Gran Bretagna. Da tempo i Cdc (Centers for disease control and prevention), tra le più importanti istituzioni sanitarie statunitensi, affermano che, per i vaccini a tecnologia mRNA (Moderna e Pfizer), «la seconda dose dovrebbe essere somministrata il più vicino possibile all’intervallo di tempo indicato, mai prima. Tuttavia, se non è fattibile e vi sono cause di forza maggiore, è possibile ritardare fino a 42 giorni». In Gran Bretagna, la strategia del governo di somministrare a più persone possibili la prima dose, coadiuvata da misure stringenti per contrastare la diffusione del virus, si è rivelata vincente. Il cronoprogramma del ministero della Salute britannico, che risale al 26 gennaio, si basa su uno studio condotto dal Jcvi (Joint committee on vaccination and immunisation), che riportava un’efficacia nel contrastare il virus dell’89% tra i 15 e i 21 giorni dalla prima somministrazione dei vaccini mRNA. La comunità scientifica all’inizio non aveva accolto di buon grado questo studio, per il fatto che era stato condotto su un numero limitato di persone, selezionate retrospettivamente dopo aver esaminato i dati clinici. «Il Regno Unito è l’unico Stato che ha adottato uno slittamento fino a 12 settimane dalla prima iniezione. È innovativa e world-leading, o scientificamente fallace?», si chiedeva l’autorevole rivista The Lancet, tra le più dure nel criticare il Jcvi e tra le prime a «consigliare vivamente» al governo britannico di attenersi all’intervallo di tre settimane. L’Università di Oxford, insieme all’Ufficio nazionale di statistica, ha condotto test su un campione di oltre 350.000 persone, tra dicembre e aprile, verificando che dopo 21 giorni dalla prima dose il tasso di infezione si è ridotto del 65%, mentre il 22 febbraio, in Scozia, dopo quattro settimane dalla prima dose, il rischio di ospedalizzazione si era ridotto dell’84%. Pochi giorni fa, il premier britannico Boris Johnson ha annunciato la cessazione di quasi tutte le misure anti Covid a partire da giugno.