Il coronavirus è tornato a uccidere in Cina. A un anno dall’esplosione dell’epidemia a Wuhan, e dopo otto mesi nei quali i contagi si erano sostanzialmente azzerati, Pechino ha registrato mercoledì 13 gennaio il suo primo morto da Covid – 19 del 2021. Il decesso, confermato dalla Commissione sanitaria nazionale, è avvenuto nella provincia di Hebei, il distretto che circonda Pechino, e che a oggi costituisce il focolaio più grave del Paese. In Cina il virus non mieteva vittime da maggio 2020 e il livello di allerta è tornato a salire: le autorità di Pechino hanno comunicato che nella giornata di mercoledì si sono verificate 138 nuove infezioni. Quattordici casi sono risultati importati dall’estero, mentre dei 124 trasmessi localmente ben 81 provengono proprio dalla provincia di Hebei. Il capoluogo Shijiazhuang, dove si trova l’unica zona definita ad alto rischio di tutto il Paese, è entrato dunque in “modalità guerra”: la sua popolazione di oltre 11 milioni di persone  stata messa in lockdown e sottoposta a tampone. Il nuovo picco di contagi arriva nel momento in cui l’economia cinese va a gonfie vele, come dimostra il livello stellare, 535 miliardi di dollari, del surplus commerciale appena reso noto da Pechino. Il tutto mentre il Paese si prepara ai festeggiamenti per il capodanno cinese, in occasione del quale milioni di persone tornano nei villaggi d’origine per festeggiare con le proprie famiglie: tuttavia al momento le autorità non sembrano intenzionate ad impedire gli spostamenti.

No all’Oms – Nel frattempo, dopo mesi di negoziati, è giunta a Wuhan una delegazione di 15 medici dell’Organizzazione mondiale della sanità, incaricata di fare luce sulle origini della pandemia. A due membri della spedizione è stato tuttavia negato l’ingresso nel Paese, dopo che erano risultati positivi al test sierologico all’aeroporto di Singapore. «I requisiti rilevanti per il controllo della prevenzione delle epidemie saranno applicati rigorosamente», ha commentato Zhao Lijang, portavoce del Ministero degli esteri. Tuttavia l’Oms ha affermato via twitter che i membri della task force erano stati più volte sottoposti a screening prima della partenza ed erano sempre risultati negativi.

L’obiettivo degli scienziati, che saranno sottoposti in ogni caso a due settimane di quarantena prima di iniziare le loro ispezioni, è quello di verificare se il primo focolaio di Covid – 19 si fosse effettivamente sviluppato a Wuhan nel dicembre 2019, quando erano stati osservati per la prima volta diversi casi sospetti di polmonite. Le indagini, attese da tempo, saranno avviate dopo mesi di negoziati tra l’Oms e il governo cinese, che aveva inizialmente minimizzato la portata del contagio e in seguito rifiutato la possibilità di un’inchiesta indipendente: il 28 dicembre 2020 un tribunale ha inoltre condannato a quattro anni di reclusione Zhang Zhan, la blogger 37enne accusata di aver diffuso notizie false in merito alla prima fase della pandemia.

Boom economico – Nonostante la, o grazie alla, pandemia, intanto, l’economia cinese sta letteralmente decollando. Li Kuiwen, funzionario delle dogane, ha dichiarato che Pechino ha chiuso il 2020 con un surplus commerciale di 535 miliardi di dollari, in aumento del 27 per cento rispetto al 2019, salendo ai massimi dal 2015. Il trend è stato sostenuto dall’esportazione di materiale elettronico e medico contro la pandemia e i nuovi lockdown in Usa, Europa e altre parti del mondo potrebbero continuare a stimolare la domanda di beni di consumo fabbricati in Cina. I dati sembrerebbero in parte confermare una recente analisi del Centre for Economics and Business Research (Cebr), secondo la quale la Cina supererà gli Stati Uniti e diventerà la più grande economia del mondo nel 2028, ovvero cinque anni prima di quanto ipotizzato in precedenza. La pandemia avrebbe dato un nuovo impulso al piano di riqualificazione industriale “Made in China 2025”, varato dal governo di Xi Jinping nel 2013: a spostare l’ago della bilancia a favore di Pechino, inoltre, giungerebbero i recenti accordi sugli investimenti siglati con l’Unione Europea, e quelli di partenariato commerciale sottoscritti con il blocco Asean e l’Unione Africana