Nonostante si occupino del proprio figlio 16 ore al giorno, contro le 7 del o della partner, l’87% delle madri si dichiara soddisfatta della collaborazione familiare nell’accudimento del bambino. Questo è quanto emerge dall’ultimo sondaggio che IPSOS ha realizzato (su un campione di 800 mamme) per il report di Save the Children che indaga l’esperienza della maternità in Italia.

Solitudine dopo il parto – Se la grande maggioranza delle donne ha valutato positivamente l’assistenza medica durante il parto, la realtà è ben diversa se si considera il piano emotivo e psicologico: una madre su due non si è sentita supportata. E la mancanza di sostegno non migliora fuori dall’ospedale: tra le intervistate molte hanno sperimentato sentimenti di solitudine e di abbandono. Davanti a questa esperienza quasi la metà delle madri ha dichiarato di aver sentito l’esigenza, nelle settimane o nei mesi successivi al parto, di un supporto psicologico da parte di un professionista. Ma solo il 35% si è poi effettivamente rivolto a uno psicologo privato – una percentuale bassa su cui probabilmente incide il costo – mentre la metà delle donne finisce per non chiedere aiuto. Il sostegno psicologico assume particolare importanza nel prevenire che vulnerabilità e ansie fisiologiche si trasformino in forme depressive.

Disparità di genere nella cura dei figli – Concepiamo ancora la cura del bambino come di pertinenza della madre. Per 16 ore se ne occupa la donna e per solo sette il padre. Il fatto che la maggior parte delle donne reputi soddisfacente la collaborazione del partner nella crescita del figlio riflette una concezione in cui la responsabilità genitoriale è nettamente divisa in ruoli. Un aiuto viene considerato una piena collaborazione. A riprova di quanto questa distinzione sia ampiamente introiettata sono le risposte delle intervistate riguardo al numero di ore impiegate nelle faccende domestiche. Le donne dichiarano una quasi parità di tempo speso in attività domestiche tra loro e il proprio partner. Ma quando poi è stato chiesto loro quante volte, su dieci, una determinata mansione viene svolta da loro stesse o dall’uomo la risposta riflette una realtà diversa.

 

Nido e lavoro – In un caso su quattro, le donne dichiarano che il proprio figlio non è iscritto al nido per carenze del servizio pubblico. Nel 16% dei casi i genitori sono costretti a rinunciare al nido per per il costo eccessivo della retta e nel 6% dei casi il motivo è l’esclusione dalla graduatoria o per la mancanza di posti. Un altro dato che si riscontra è che una parte degli intervistati non può usufruire di questo servizio pubblico perché non sono presenti nidi nella zona in cui vive. Ma nella maggioranza dei casi i figli non vengono iscritti in nessuna struttura educativa perché la madre non lavora e quindi è in grado di prendersene cura in prima persona. La correlazione tra maternità e occupazione è significativa: tra le mamme intervistate, solo 4 su 10 lavorano. La gravidanza e la nascita dei figli hanno inciso in modo considerevole sul loro lavoro: una buona parte ha lasciato la propria occupazione e altre hanno ridimensionato le possibilità di carriera, in molti casi scegliendo un part-time.