Un italiano su quattro pensa che il peggio debba ancora arrivare, il 48% che l’emergenza durerà ancora per più di un anno. Poi, la cruda realtà: di fronte a una spesa imprevista, il 37% della popolazione andrebbe in difficoltà. Dati scoraggianti, fotografia di pessimismo che va a filo doppio con la complicata situazione del nostro Paese, nel pieno della terza ondata di contagi da Coronavirus. Lo rileva Nando Pagnoncelli, amministratore delegato di Ipsos Italia, a colloquio con gli studenti della Scuola di giornalismo “Walter Tobagi” dell’Università degli Studi di Milano.

L’arretramento nella piramide sociale – Le misure restrittive che sono state adottate da un anno a questa parte per fronteggiare l’emergenza sanitaria hanno portato una crisi economica con forti ripercussioni a livello sociale. Sono in molti a credersi più poveri rispetto alla situazione pre-covid: il 52% della popolazione italiana si ritiene appartenente al ceto medio basso, con un reddito che permette di avere tutto il necessario ma senza nessun lusso, dato in crescita di 9 punti rispetto al 2019. Si è diffusa una percezione di impoverimento complessivo che si traduce con lo scivolamento in una situazione più precaria e in un arretramento nella piramide sociale. Ma non è solo un’impressione: più di un italiano su tre, ovvero il 37%, dichiara di non essere in grado di far fronte a una spesa imprevista, dato che aumenta al 63% tra i ceti più bassi. Sono 1 milione in più le persone in povertà assoluta, numero condizionato da tutti quei commercianti e artigiani costretti a chiudere. È tra loro che si concentra il 16% di popolazione non in grado di pagare le bollette e l’8% di chi ha difficoltà a fare acquisti alimentari.

I tempi della ripartenza economica La ripresa economica appare quindi agli occhi degli italiani come un momento lontano: il 36% crede che siano necessari almeno 5 anni. Ma c’è anche un 18% per cui se ne dovranno aspettare addirittura 10 per vedere i primi segni di un miglioramento. «Nessuno ha la sfera di cristallo, ma il fatto che 1 italiano su 5 pensi questo orienterà in modo significativo la loro propensione al risparmio, ai consumi e agli investimenti», commenta Pagnoncelli. Secondo la Banca d’Italia il totale dei risparmi privati è aumentato di 58 miliardi di euro nel 2020. La predisposizione al risparmio è forse uno degli effetti collaterali più significativi della pandemia sulla società, ma non è l’unico.

Il secondo grafico mostra che la seconda parte del 2020, in corrispondenza con l’arrivo della seconda ondata, ha visto affiorare incertezza, ansia, vulnerabilità e disorientamento. Nell’arco di pochi mesi si è passati da slogan come “Andrà tutto bene” a un generale pessimismo. «Il virus è democratico ma le conseguenze sull’economia e sulla società sono iper selettive. C’è infatti una netta divisione tra chi ha entrate garantite, come coloro lavora nel settore pubblico, e chi no. Tra questi molti sono in difficoltà non avendo accesso allo smart working». Situazione che acuisce l’insofferenza nelle categorie più svantaggiante determinando tensioni sociali e recriminazioni.

I problemi più urgenti del Paese – Ogni mese Ipsos chiede a un campione di popolazione quale sia il problema più urgente in Italia. Per questo tipo di domande il pubblico del sondaggio è invitato a dare al massimo tre risposte spontanee, poi aggregate per aree tematiche. «Sia a livello globale che locale predominano le questioni legate all’economia e al lavoro», spiega Pagnoncelli. Tuttavia, quando viene chiesto se siano maggiori i rischi per la salute o quelli per il proprio reddito, prevalgono nettamente i primi.

La minaccia percepita della pandemia – «La minaccia percepita è stata bassa fino a marzo 2020 per poi schizzare al 73% quando l’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha annunciato il primo lockdown in conferenza stampa istituzionale, certificando la presenza di un grave problema». Di impatto minore erano state invece le 16 apparizioni televisive che il premier aveva fatto la settimana prima. La preoccupazione è diminuita in estate per poi risalire con l’arrivo, i primi di ottobre, della seconda ondata e la scoperta delle varianti del virus. «Parliamo di percezioni ed emozioni come la paura, che hanno un andamento spesso distante dalla realtà. Entrando in contatto con notizie allarmistiche è normale. Si può parlare in presbiopia: la minaccia riguarda di più il resto del paese e del mondo invece che essere rivolta a sé stessi. Per alcuni è un modo per sentirsi al riparo».

Giovani in sofferenza, senza scuola e chiusi in casa – E i giovani? Anche per loro la pazienza è in forte calo. «Soffrono di più la mancanza di socialità, dato che è un elemento costitutivo della loro esistenza». Molto negativo il giudizio sulla didattica a distanza (Dad), secondo una ricerca di Ipsos in collaborazione con l’Istituto Toniolo. Si impara di meno e le relazioni sono impoverite. Questo riguarda soprattutto il mondo della scuola. Gli studenti universitari sembrano infatti aver reagito diversamente all’insegnamento da casa: gli spostamenti non fanno più perdere tempo, si possono rivedere le lezioni e tutto questo porta a un generale miglioramento dei risultati. La Dad sembra quindi essere un cavallo vincente in ambito universitario, determinando un aumento notevole degli iscritti. Studenti più bravi ma sicuramente più infelici per la mancanza di relazioni sociali. I giovani italiani sono inoltre i più pessimisti d’Europa: il Covid ha gettato una pesante ombra sul loro futuro e ha spinto ancora più in là il momento dell’indipendenza.